Luigi Coppola
11 luglio 2005
Al FestivAlguer l’Africa acrobatica è “Creature”
Illusionismo e sogno, gioia e pace fra figure composte acrobatiche, scenografie fiabesche e canti etnici. Tripudio di grandi e piccini per il “Teatro di Strada” allestito da Marcello Chiarenza e Alessandro Serena

ALGHERO - L’Africa, non solo il futuro della Terra, qualcosa da dibattere oggi per aspettare domani. Un continente inesauribile, contenitore di potenzialità ed energie vitali, già oggi realtà consolidata che esporta in un mondo ricco d’avversità e saperi spesso ipocriti, la sua genuina valenza. Un messaggio semplice, umile quanto bello, sintesi dell’incontro e del dialogo fra le civiltà, racchiuso nella proposta teatrale ideata da Marcello Chiarenza. Con la direzione artistica d’Alessandro Serena, giunge sulle sponde del corallo ad Alghero, domenica 10 luglio, grazie alla distribuzione CEDAC Sardegna. Creature è certamente lo spettacolo più bello, per la tipicità del suo genere e l’impatto coinvolgente sul pubblico (dove i bambini si entusiasmano nelle meraviglie dei loro occhi), visto sin qui al Forte della Maddalena nell’edizione 2005 del Festivalguer. Ispiratosi al Cantico delle Creature di Francesco, Marcello Chiarenza narra con semplicità e candore infantile, una fiaba sospesa tra suolo e cielo, utilizzando gli elementi primordiali del mondo e della vita: l’acqua, il fuoco, l’aria. A corredo di questi, una fragile scala di canna, un totem intrecciato di legno, una rete luccicante, corde e funi, attrezzi utili per abbracciare la luna e costruire un ponte ideale di comunicazione fra le genti.
Al centro della scena, le bizzarre avventure di un clown-barbone (bravissimo Emanuele Pasqualini) che dalla scoperta di un libro abbandonato, si ritrova in un viaggio fantastico, illuminato dalle fiammelle sprigionate dalle pagine consunte, al centro della savana, animata da personaggi sconosciuti. D’improvviso conquistano la ribalta, liberata nella sua massima apertura possibile, sette acrobati keniani. Saettano come felini, sciamani di un’era antica, guizzano liberi e giocosi, tra funi e corde. Piroette e salti mortali che allibiscono il povero clown: ha quasi perso l’uso della parola per lo stupore. Chiede, balbetta parole confuse, chiede ordini, tradotti in coro simultaneo nell’idioma tribale. I giocolieri stagliano figure eccezionali con torri e piramidi umane a sei elementi. Mentre ricompare il fuoco che concentra cerchi e archi, i ragazzi giocano lanciando un freesby incendiario.
Prova ad unirsi all’evoluzioni il barbone, è buffo ma è accolto. Dal suo ombrello magico partono coriandoli e spruzzi d’acqua per la gioia dei bimbi in platea. Non rimangono seduti quest’ultimi. A turno sfilano sul palco, insieme ai figuranti. Piantano ramoscelli in un deserto bianco: un gran telone li avvolge ricoprendoli tutti. Alla riapertura, la felice scoperta: i rami hanno fruttificato pane per tutti ed ognuno ha ricevuto in dono un fiore rosso che va a riempire la magra valigia del barbone viaggiatore. Continuano evoluzioni mozzafiato, accompagnate da una colonna sonora emozionale. Il timbro caldo simile ad un Maluf magrebrino della suadente Carla Nahadi Babelegoto canta, recita e prega le musiche di Cialdo Capelli. S’avvicina l’epilogo, l’ennesima pila umana agguanta la luna. Sgorga l’acqua da un ruscello infinito: tutto il pubblico è asperso, dal totem di legno leggero si librano bandiere bianche, una simile ad una medusa. Capriole e salti dei funambolici salutano i passeggeri del viaggio. L’ovazione d’applausi dura minuti, calano le luci di Stefano Zolli, ma i bambini sono tutti svegli ad aspettare: il sogno continua.
Nella foto: evoluzioni di Creature
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