Luigi Coppola
5 settembre 2005
Grande Jazz al Festivalguer, ma per pochi intimi
Pochi spettatori applaudono Erik Truffaz, genio emergente francese del jazz multietnico. Stupisce la batteria di “Pipon” Garcia e il maluf del tunisino Troudi

ALGHERO - E’ una riunione per pochi intimi, quasi un ritrovo in famiglia, lo spettacolo che si consuma nella prima domenica di settembre al Forte della Madalenetta. La concomitanza della Fiera del Folklore con le relative sfilate in costume fra i vicoli del centro storico algherese, unita alle massicce partenze dei villeggianti d’agosto, ha la meglio sull’evento festivaliero che cattura centellinati fedelissimi estimatori. Non per questo è in discussione la qualità dello spettacolo e la valenza tecnica dei musicisti impegnati. E’ di scena Erik Truffaz, voce, anzi tromba emergente del “new jazz” multietnico. Il quarantacinquenne francese, d’origine svizzera è il leader di un quartet rinnovato rispetto alla tradizionale formazione annunciata. Sono due normalmente i gruppi con i quali il trombettista si esibisce nei suoi concerti, ci spiega Anisata Kabi, manager dell’artista, francese anche lei, segue come l’ombra il gruppo, impegnato la sera precedente nella chiusura della rassegna jazz di Sant’Anna Arresi. Sul palco con Truffaz compaiono Michel Benita al contrabbasso, Patrick Muller, fender & tastiera e Philippe Garcia “Pipon” alla batteria. Il canto è affidato alla voce del tunisino Mounir Troudi. La stessa voce araba da il via allo spettacolo con un moud d’atmosfera desertica. Surreali le contaminazioni elettroniche di supporto, talvolta forzate che lasciano un po’ perplesso l’orecchio inesperto sulle reali produzioni dal vivo degli strumenti in campo. Bello ed efficace l’apporto percussivo che Pipon realizza alla batteria con l’ausilio di un megafono. Irrompono thriller elettrici simili a videogiochi che inducono l’attento baby spettatore sui cinque anni esclamare: “…Cavoli! Assomiglia al Dragon Ball…!” Non è un gioco questa musica, ma un assemblato di gusti sonori. Il rap giaculatorio di Mounir Troudi è alternato dalle incursioni limpide della tromba di Erik: il pennello deciso del pittore sulla tela di suoni chiaroscuri. Dopo i primi quaranta minuti, i musicisti riposano. Sul palco luce per Michel Benita rimasto solo in un intervallo per solo basso e sintetizzatore multimediale. E’ un laboratorio di suoni nuovi, una special guest elettronica dove le corde del basso danzano su una trama reiterante in un loop acustico. Gelido ed imperturbabile, Erik non lascia spazio ad effusioni oniriche o trascinamenti emotivi, solo la sua tromba pulita governa il caos elettronico, guidato dall’insuperabile batteria di Pipon. Approda a temi più pacati e mediterranei, tratti da “Saloua” (l’ultima opera discografica) il finale dello spettacolo. Melodie da club dove “canta” la tromba accompagnata dolcemente dagli altri strumenti. Ringrazia Erik e ripresenta un brano di Benita. L’epilogo comprende il rientro di Mounir. Il suo salmo cantato si accompagna ad uno strumento a corda tipico dell’Arabia simile al violino, suonato dallo stesso cantante. Scrosciano gli applausi convinti che moltiplicano la percezione di presenze nello scarno pubblico. Un invito a riprendere il viaggio musicale di Truffaz. Oggi giorno di riposo e trasferimento. Martedì 6 settembre la prossima esibizione a Cerisano in Calabria, giovedì 8, ultima tappa italiana a Salerno. Per il prossimo ottobre è prevista la tournee in Messico, nel 2006 un nuovo lavoro discografico. Il “new jazz” transalpino continua.
Nella foto Erik Truffaz
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