Giancarlo Balbina
8 novembre 2013
L'opinione di Giancarlo Balbina
L´anno zero della sinistra algherese
E’ davvero l’anno zero della sinistra algherese, affondata da una incapacità di porre la mediazione politica oltre i meri interessi di gruppo e dal peso insostenibile di egoismi individuali e vecchie antipatie personali. L’aver scelto le operazioni di piccolo cabotaggio invece che gli interessi della città e dei suoi giovani agonizzanti, è il peccato capitale di una coalizione che pur con un grande consenso elettorale e una maggioranza schiacciante in Consiglio, è riuscita, in breve tempo, ad auto-annientarsi, riportando in luce una destra ridotta ai minimi termini e logorata da quasi dieci anni di ininterrotto governo cittadino. Una occasione sprecata e una caduta di immagine che comporterà un’altra lunga stagione di inaffidabilità e di scarsa credibilità per la sinistra algherese. Mi chiedo come sarà possibile che le stesse persone che hanno la responsabilità di questo disastro politico, possano poi ripresentarsi con il capello in mano alle prossime elezioni per chiedere una rinnovata fiducia.
Logica vorrebbe che fosse finalmente il popolo della sinistra, attraverso associazioni e movimenti slegati dagli attuali partiti, ad auto-determinarsi, rinnovando profondamente la propria classe dirigente. Aprire una stagione, che si prospetta lunga, di vera trasformazione di metodo e programmatica – penso ad una Consulta permanente di giovani e cittadini - è l’unico atteggiamento che può ridare slancio alla partecipazione democratica. Sappiamo che la crisi della politica viene da lontano, ed è figlia di una subalternità all’economia finanziaria che sta distruggendo i popoli. Se la sinistra, a partire dai territori, non sarà capace di analizzare e criticare questo modello economico che favorisce le elìte e affossa i ceti meno abbienti, non avrà futuro. Dal mio osservatorio tedesco - vivo attualmente a Monaco di Baviera - ho la netta percezione di due mondi antropologicamente diversi: quello tedesco, orientato a perseguire unicamente interessi nazionali e a cui nessuno può dire cosa deve fare; e il mio paese, con tutta l’Europa meridionale, obbligato al perseguimento di demenziali vincoli di bilancio e politiche di austerità che ne stanno minando il futuro.
Non potrò facilmente dimenticare le facce perse nel vuoto di tante persone (giovani e meno giovani di tutte le etnie) in fila per l’anmeldung, la registrazione obbligatoria nell’anagrafe tedesca per una labile e precaria speranza di lavoro. Una vergogna che la politica europea tenta di mascherare con le menate sul debito pubblico e sulla necessaria stabilità di un governo delle larghe intese che definire indegno è un eufemismo. Ma la crisi della politica ha anche cause interne. Chiamare il PD “partito” è già un atto di pura benevolenza lessicale: se, infatti, il PDL-Forza Italia è stato fino ad oggi un partito leninista-padronale-aziendale, uno strano misturo italico, il PD è un accolita variegata di persone il cui unico obiettivo è la lotta per il potere, a tutti i livelli, un dispiegarsi acefalo di correnti e di gruppi che non portano alcun valore aggiunto alla risoluzione dei problemi, per di più alimentato da un amorale mercato delle tessere che sta dispiegando i suoi bei frutti anche in questi giorni di Congresso. Ma anche la sinistra cosiddetta radicale non se la passa bene, settaria e funestata da personalismi e invidie che la stanno rendendo sempre più residuale. Leggo con sorpresa che qualcuno oggi ad Alghero ambisce ad unificare la sinistra dispersa. Bene arrivato!
Mi piacerebbe sapere dov’era quando, qualche anno fa e in condizioni più favorevoli, fondando Sinistra Ecologia e Libertà in città, si perseguiva lo stesso necessario obiettivo. Forse troppo convinto e perso nella ricerca del puro consenso personale, costui aveva altro a cui pensare. Altri ancora, invece, irrigiditi in posizioni ideologiche paralizzanti, neanche prendevano in considerazione questo disegno. Ora che per ignavia e stoltezza, la sinistra algherese è sommersa dalle macerie, si vorrebbe riprendere in mano quel progetto. In realtà, ci vorrebbero gesti di umiltà e di onestà intellettuale da parte di tutti, un costruttivo passo indietro per favorire un nuovo inizio. Dubito, però, conoscendo per diretta esperienza persone e ambiente, che questo possa avvenire autonomamente.
|