Luigi Coppola
26 ottobre 2005
A Sassari le launeddas di Luigi Lai
Il musicista di San Vito protagonista del secondo incontro musicale “Raighinas”. Nella Chiesa di San Giacomo una mitica rappresentazione con la partecipazione dei Tenores Su Dillu

SASSARI – Le radici sono le fonti della vita. Nel viaggio alla scoperta delle tradizioni, una tappa dovuta è il secondo appuntamento musicale di “Raighinas”, primo festival artistico delle origini antropologiche di Sardegna, organizzato dal Centro Culturale Naimi. Nell’ancestrale ambiente della Chiesa San Giacomo a Sassari si è svolta, martedì 25 ottobre, la magica rappresentazione di Luigi Lai accompagnato dai Tenores Su Dillu. Il musicista nato a San Vito nel 1932 è considerato all’unanimità, il miglior esecutore, il suonatore più conosciuto nel mondo dei primitivi flauti nuragici. Costretto in giovane età ad emigrare in Svizzera dove non abbandonò mai lo strumento, dopo quindici anni, rientrato nell’isola madre, iniziò un’intensa attività concertistica che lo ha reso celebre nell’universo musicale etnico. Le launeddas hanno origine antiche quanto l’uomo. La leggenda le vuole discendenti di una ninfa, trasformatasi in canna per sfuggire a Pan, dio dei boschi. Quest’ultimo per consolarsi usò la canna per suonare, fin dall’origine accreditata di magici poteri. Franco Cincotti, promotore delle produzioni del maestro Lai, c’illustra la peculiarità dei Tenores Su Dillu. Tre ragazzoni anch’essi originari di San Vito, che si distinguono dalla scuola classica barbaricina del canto “a Tenores”, per il particolare rintocco vocale, cui deriva il nome del complesso. I brani eseguiti nel concerto sono compresi nell’album “S’Arreppiccu” (rintocco di campana), prodotto dalle edizioni musicali Blu Satarlo di Sassari. Le ultime composizioni di Lai con i Tenores sono attualmente in cantiere per un nuovo cd di prossima uscita. Sono componimenti tratti principalmente dalla tradizione orale, tramandata nelle generazioni, che racconta in parole e suoni la vita rurale dell’isola. In modo particolare a sud, nel cagliaritano: Sardos e San Vito, patrie naturali dello strumento a fiato. Strumento autoctono le cui origini sono testimoniate da un atavico attrezzo sonoro a canne, rinvenuto in un sito nuragico nei pressi d’Ittiri. Secondo l’intrecciarsi della canne che assemblano il tipico flauto, ne derivano impostazioni diverse di note musicali che differenziano altrettanti famiglie di launeddas: fibbe, spinellu e così via. E’ magica la prolusione del Maestro. Dieci minuti di suoni, sensazioni, atmosfere; evocano un’orchestra: viole, organi, flauti. Sintetizzati in due canne, tre all’occorrenza, alimentate dallo straordinario fiato del musicista. Un gutturale tranchant, l’esordio dei Tenores Su Dillu che innesta vibrazioni ventriloque, integrate armonicamente alle melodie delle launeddas. Su bassu, Roberto Cuccu, introduce le note di un canto campidanese. Nello sfondo musicale, si materializza in un fantastico immaginario, un paesaggio primaverile: elogio della natura campestre e dei sentimenti popolari. Prosegue il monologo musicale del Signore delle launeddas. La narrazione sonora del tragitto in processione di confratelli, dalla casa alla chiesa e tanti spaccati di vita comune. S’espandono le radici di una manifestazione che ha suscitato forte interesse. Nella serata si è conclusa la mostra d’artisti associati che hanno esposto presso la chiesa i loro manufatti, pezzi unici di un prezioso, rarefatto artigianato. Il liutaio Martinez ha completato la costruzione del violino mentre Antonella Pacifico, Emanuela Motroni, Fedra Cubeddu e Maria Rosa Demontis hanno proposto campioni delle personali produzioni tipiche. L’ultimo appuntamento, chiusura del festival, il concerto di Antonello Salis, domani giovedì 27 ottobre alla Sala Sassu del Conservatorio Luigi Canepa a Sassari.
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