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A.B. 31 maggio 2014
Informazione e salute: sapere è potere
Durante la settimana, si è tenuto all´Università di Sassari un simposio sull´Health Communication con l´esperta Teresa Thompson
Informazione e salute: sapere è potere

SASSARI - Vaccinare i bambini contro il morbillo, sì o no? Dipende, le decisioni assunte sulle questioni riguardanti la salute passano per il bagaglio di conoscenze acquisito, sia direttamente dai medici, sia attraverso il filtro dei media. Da qui, l'importanza di una comunicazione della salute e per la salute chiara da parte degli operatori sanitari, delle Asl e dei giornalisti, responsabili di veicolare messaggi completi, rispondenti al vero, per quanto possibile non manipolabili e non allarmisti. Senza dimenticare (ma anzi, tenendo ben presente come prassi ormai consolidata) l'influenza di “dottor Google” sui comportamenti individuali e collettivi ed il proliferare di informazioni disponibili su internet, sui social network, nell'universo parallelo delle App per gli smartphone. Esiste l'applicazione per le emergenze pediatriche, l'app kit Pronto soccorso, l'app per prenotare le visite specialistiche, trovare informazioni sui farmaci e le diete, misurare i parametri vitali. Recentemente, è stata lanciata anche l'app "Sos salute", in grado di trovare il medico più vicino. Insomma, un boom che gli specialisti della comunicazione vogliono analizzare e spiegare.

Da quasi due anni, all'Università degli Studi di Sassari, un gruppo di ricerca del Dipartimento di Scienze politiche, scienze della comunicazione e ingegneria dell'informazione si sta concentrando su questa galassia di novità. L'attività è sfociata nell'Health Communication Symposium "Patient empowerment, Ict and health communication: digital practices, current issues and future trends", un appuntamento che, questa settimana, attraverso casi di studio specifici e ben documentati, supportati da numerosi esempi pratici riscontrabili nella realtà di tutti i giorni, ha permesso a decine di esperti di dibattere su questi argomenti. La parola "empowerment" è venuta fuori prepotentemente dal sottotitolo per diventare protagonista del dibattito. Empowerment non si può tradurre in italiano con una sola parola: serve una perifrasi. «E' il senso di legittimazione, il potere, la responsabilizzazione dei pazienti, che non restano più passivi in attesa di notizie da parte dei camici bianchi, ma si attivano autonomamente alla ricerca di informazioni, oggi sempre più numerose e reperibili grazie alle nuove tecnologie», spiega il ricercatore dell'Università di Sassari Alessandro Lovari, impegnato nello studio “Comunicare la salute attraverso le nuove tecnologie”, sotto la direzione scientifica della professoressa Elisabetta Cioni. Il simposio è stato aperto e concluso dalla professoressa Teresa Thompson dell'Università di Dayton), da 30 anni caporedattrice di "Health Communication", la rivista di maggior impatto a livello mondiale per quel che riguarda la comunicazione in fatto di salute.

Le vaccinazioni contro il morbillo sono uno dei temi trattati durante il convegno. Marta Fadda, dell'Università della Svizzera italiana, ha presentato una comunicazione, realizzata assieme a Peter J.Schulz, intitolata "Health literacy and empowerment in the Mmr decision-making: A qualitative study". La ricerca (svolta tramite interviste e compilazione di questionari) ha riguardato persone residenti nella parte italofona della Svizzera (Ticino), con almeno un figlio di dodici anni non ancora entrato in contatto con il morbillo. In conclusione, l'health literacy ("alfabetizzazione della salute", intesa come possesso delle nozioni di base) fa differenza per la scelta finale quando i genitori hanno un elevato grado di autonomia (empowerment), poiché la loro conoscenza condiziona la percezione del rischio della malattia; l'alfabetizzazione della salute invece non è determinante quando i genitori sono scarsamente autonomi, poiché la decisione definitiva (se vaccinare o meno i figli) si basa in genere su altri fattori: norme sociali, predilezione di informazioni dal contenuto narrativo più che scientifico, tradizione culturale o familiare. Per sentirsi più autonomi i genitori in genere domandano indicazioni personalizzate, chiedono che i medici prendano una posizione sull'argomento, vorrebbero politiche che prevengano l'ingresso nella scuola di bambini intenzionalmente non vaccinati. Infine, domandano di essere indirizzati verso fonti di informazione affidabili.

Un altro caso presentato a Sassari durante l'Health Communication Symposium si sviluppa attraverso l'analisi del social network più usato al mondo: “Facebook”. La relazione di Valentina Bazzarin, dell'Università di Bologna, intitolata "Mothers who aim at being well-informed about health. A community of facebook discussing about life and diet with a rare disease", rivela in che modo reagiscono le persone di fronte a disturbi rari come l'allergia al fruttosio, un elemento presente in molti cibi ma indicato genericamente come "zucchero aggiunto". Lo strumento della community on-line per il mutuo scambio di consigli e ricette funziona molto bene ed è un chiaro tentativo di guadagnare empowerment e "self efficacy". Ma non solo Facebook si è imposto nel panorama dell'health communication. Anche “Twitter” ha fatto passi da gigante, se si pensa che (come si è detto durante il simposio) le aziende sanitarie pubbliche, private, gli ospedali e gli “Irccs-Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico” hanno nel complesso 11.641 follower ed i tweet inviati dalle aziende sono 13.806 dal momento dell'apertura dei profili (notizia del “Sole 24 Ore Sanità”, luglio 2013). Ma è anche vero che i profili delle realtà private son più seguiti di quelli pubblici e che su Twitter raramente gli utenti sono portati alla condivisione.

Gli organizzatori, a conclusione del simposio, hanno previsto come evento collaterale una giornata di formazione per i giornalisti, alla quale ha preso parte, tra gli altri, Licia Caprara, giornalista collaboratrice del Sole 24 ore Sanità. Molti i titoli scandalistici passati in rassegna, molti gli articoli che, per semplificare e "fare notizia", presentano i fatti in modo non falso, ma comunque incompleto. Eppure, «mai come nel campo della salute – come dice Caprara - sapere è potere».

Nella foto: Teresa Thompson, professoressa dell'Università di Dayton



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