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Marcello Simula 5 marzo 2007
Archeologia Urbana, situazione critica nel centro storico
Piazza Sulis, via XX settembre, Forte de La Maddalenetta, ex Caserma dei Carabinieri: il sottosuolo di Alghero è disseminato di risorse archeologiche. Ma la strada verso la valorizzazione non è facile. Abbiamo intervistato Marco Milanese, ordinario di Archeologia dell’Università di Sassari
Archeologia Urbana, situazione critica nel centro storico

ALGHERO – Sotto le strade conserviamo un patrimonio archeologico inestimabile che rischia di andare perduto. Sabato sera, nei locali del Caval Marì, Marco Milanese, ordinario di Archeologia presso la facoltà di Architettura dell’Università di Sassari, ha presentato il risultato degli interventi di scavo “straordinari” che hanno accompagnato i lavori di ristrutturazione e rifacimento della condotta idrica e fognaria della città. I ritrovamenti principali, come ha spiegato Milanese, riguardano Piazza Sulis, dove è stato rinvenuto un tratto del Bastione dello Sperone Reale dall’altezza di oltre sette metri, e in via XX settembre, dove è venuto alla luce il ponte del fossato che consentiva l’accesso alla città. Un altro intervento di notevole valore è quello praticato all’interno del cortile dell’ex caserma dei carabinieri, dove sono stati riportati in superficie parti del Bastione di Monte Albano. Anche nel Bastione della Maddalena, come ha spiegato Milanese, è stato rinvenuto un consistente terrapieno contro le mura, risalente alla fase genovese della Città. L’archeologo da anni lavora fianco a fianco con il comune, e non nasconde che, seppure con difficoltà, questa collaborazione tra comune, soprintendenza archeologica e università sia solo un piccolo compromesso per la salvaguardia e la valorizzazione delle risorse archeologiche conservate nel sottosuolo cittadino. Gli abbiamo fatto qualche domanda.

D. C’è un futuro per l’archeologia urbana in città?
R. Sarebbe auspicabile superare questa dimensione di archeologia di “emergenza”, per arrivare a una nuova archeologica attiva. È necessaria una pianificazione della conoscenza e delle ricerche, anche attraverso la creazione di una carta tematica di valutazione del potenziale di Alghero. Uno strumento adatto di pianificazione urbanistica deve coinvolgere anche l’ambito archeologico.

D. Quali sono le aree più sensibili?
R. Tutto il centro storico, racchiuso dalle mura, è un’area ad alto rischio archeologico, anche se gli interventi fino ad ora hanno osservato solamente una dimensione di emergenza e limitatamente ai lavori istituzionali. Quello che sfugge al controllo e allo studio sono i lavori dei privati nelle abitazioni, specie le cantine, della città vecchia. Si tratta del problema più preoccupante all’interno dell’archeologia urbana di Alghero. Negli ultimi decenni si è perso molto: i diversi interventi nel centro storico hanno valorizzato la città, riducendone il degrado, ma al contempo hanno comportato la perdita di tantissimi dati e documenti. Nel centro storico la proporzione tra quello che si perde e quello che si recupera è preoccupante: bisogna stimolare i progettisti a riflettere su questi aspetti.

D. Alcune aree, come i Bastioni di San Giacomo, hanno invece giovato di un intervento di valorizzazione archeologica. Può essere un buon inizio?
R. Sulla valorizzazione c’è ancora molto da fare. I bastioni di San Giacomo presentano situazione simile a quella del cortile dell’ex caserma carabinieri: i perimetri delle strutture più antiche sono stati lasciati in vista, a interrompere la pavimentazione. Anche in questi casi, però, si può andare verso forme di valorizzazione più opportune, attraverso l’allestimenti di pannelli e più in generale di un migliore apparato informativo e conoscitivo. In Piazza Sulis, invece, si è dovuta seguire la via più breve, che ha previsto il reinterro del Bastione dello Sperone Reale, così come è successo per il ponte del fossato della città, ritrovato l’ottobre scorso in via XX settembre. Certo, non è possibile riportare completamente alla luce questi documenti, ma anche le scelte attuali un domani andrebbero un po’ ripensate.

D. È possibile pensare un compromesso che integri valorizzazione archeologica e sviluppo urbanistico?
R. La valorizzazione è una sfida che va lanciata alla progettazione architettonica. Ad Alghero c’è una facoltà di architettura: con i docenti di progettazione e di restauro si potrebbero studiare soluzioni per rievocare questi ritrovamenti, per ridare a queste aree anonime il senso storico perduto. I documenti archeologici sono sicuramente una risorsa culturale, che in quanto tale non può essere monetizzata, ma allo stesso tempo sono un valore aggiunto che si può mettere in campo per dare vita a percorsi turistici in grado di creare nuova occupazione. Le risorse archeologiche possono diventare un forte fattore di sviluppo, un carattere distintivo della città: in Sardegna ci sono tanti nuraghi, ma di Alghero ce n’è una sola.



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