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Alguer.itnotiziealgheroOpinioniSanitàLa salute è il primo dovere della vita
Red 2 maggio 2020
L'opinione di Red
La salute è il primo dovere della vita
<i>La salute è il primo dovere della vita</i>

Sempre partendo dal mio motto “la salute è il primo dovere della vita”, vorrei dare un piccolo contributo sull’istituzione delle Unità speciali di continuità assistenziale (Usca, squadre di operatori sanitari chiamati ad assistere i pazienti positivi al Covid-19 nelle proprie abitazioni con interventi rapidi e mirati). Nel momento in cui, il pediatra di libera scelta, il medico di base o il medico di continuità assistenziale, sospettano che un paziente sia positivo al Covid-19, hanno l’obbligo di attivare le “Usca”, così da consentire un rapido intervento. Concordo sull’idea d’indirizzo del decreto, perché ho sempre pensato che, per affrontare al meglio la prevenzione del contagio, sia fondamentale definire il percorso di cure “all’esordio” dei sintomi, cioè prima che si renda necessario il ricovero. Condivido l’assunto, come del resto dimostrano i recenti fatti, che la battaglia contro il Covid-19 si vince intervenendo sul territorio, curando i pazienti “a casa loro”, evitando, cioè, che gli stessi arrivino in ospedale con sintomi importanti, spesso talmente gravi da costringerli ad essere sottoposti a terapia intensiva. Inoltre, un efficace prevenzione sul territorio avrebbe un effetto decongestionante sugli ospedali, consentendo agli operatori sanitari di tornare a dedicarsi, in maniera ottimale e a pieno regime, alle cure delle acuzie non dovute al Covid-19.

Nel nostro Paese operano migliaia tra medici di base, pediatri di libera scelta e medici di continuità assistenziale che possono fungere da formidabili sentinelle, sparse su tutto il territorio nazionale e, insieme alle Usca, con rapidi e mirati interventi, potranno monitorare, capillarmente, la diffusione del virus nella quasi totalità della popolazione. Si avrà, quindi, un quadro generale della reale situazione epidemiologica, con dati quotidianamente aggiornati che consentirà un’adeguata programmazione di azioni di prevenzione e controllo, anche, quindi, di eventuali recrudescenze dell’epidemia. Le Regioni sono state chiamate a realizzare le Usca entro il 20 marzo scorso, quindi “frettolosamente”. Tuttavia sono convinta che ci siano, ancora, ampi margini di miglioramento. Fra breve tempo le Usca, sette giorni su sette e dalle 8 alle 20, dovranno operare su aree con bacini di popolazione di circa 50mila abitanti. Verranno utilizzate le sedi di continuità assistenziale (ex guardia medica), che, suppongo, avranno bisogno di essere adeguate, sotto tutti gli aspetti, alle normative vigenti. Allora, mi chiedo, perché non utilizzare, da subito, quella struttura sanitaria afferente il 118? Si tratta di una struttura sanitaria già operativa, efficiente e collaudata che insiste in tutto il territorio nazionale, già in possesso di sedi e capace di seguire specifici protocolli per ridurre al minimo ogni causa di contagio.

Questo comporterebbe il vantaggio di omogeneizzare e ottimizzare gli interventi che, già oggi, sono obbligatori (come la sanificazione dei mezzi di trasporto, da effettuarsi dopo ogni viaggio per singola visita domiciliare) e consentire agli operatori sanitari di liberarsi dei dispositivi di protezione individuale in massima sicurezza e in aree adeguatamente attrezzate e protette, non negli stessi ambienti frequentati, oltre che da medici anche da pazienti eventualmente presenti. Per capire quanto appena sottolineato, facciamo l’ipotesi che l’autorità medica segnali due o più pazienti sospetti, che abitano nel medesimo condominio. Dopo l’intervento sul primo paziente, gli operatori sanitari saranno obbligati a ritornare nella sede operativa e, solo dopo aver sanificato se stessi e il mezzo potranno ripartire per effettuare l’intervento sul secondo paziente, e così via. Sembra paradossale, ma per ottenere risultati degni di nota, bisognerà, pedissequamente, seguire questa metodologia d’intervento. Concludo ribadendo che i medici di base e tutti gli operatori sanitari che costituiscono questa rete capillare sul territorio molto prossima ai cittadini, dovrebbero essere, più coinvolti con il supporto dei vari Ordini delle professioni sanitarie, nelle loro specificità di enti sussidiari dello Stato, nella quotidiana gestione della pandemia. Operando così potremo garantire, in modo esteso ed efficace, il diritto alla salute dei cittadini che, tuttavia, non può essere disgiunto dal diritto alla sicurezza e alla salute di tutti gli operatori sanitari.

* medico e rappresentante politico del territorio
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