S.A.
23 novembre 2022
Sussidio per donne vittime: fondi insufficienti
Nel periodo 2018-2022, 108 donne hanno presentato domanda per la misura, solo 59 ne hanno beneficiato. Si tratta di un numero contenuto se si considera che le denunce per motivi di violenza registrate sul territorio sardo nel 2020 sono state 638

CAGLIARI - Le donne in uscita da Centri antiviolenza e Case Rifugio vivono un percorso accidentato, fatto di ostacoli e difficoltà, che le espone a estrema vulnerabilità socioeconomica e al rischio di ricadere nella spirale della violenza. L’allontanamento dalla casa familiare per motivi di sicurezza o perché di proprietà del maltrattante; la mancanza o la sospensione temporanea del lavoro per ricevere cure e supporto, l’impossibilità di disporre dei propri soldi perché sotto il controllo del convivente. Sono queste le necessità impellenti delle donne che hanno subito violenza a cui troppo spesso lo Stato non risponde a causa di politiche frammentarie, incoerenti e fondi stanziati insufficienti a coprire le richieste di supporto per avere un reddito certo, alloggio sicuro e lavoro dignitoso.
La Sardegna è stata la prima Regione ad adottare nel 2018 una misura di sostegno al reddito specificatamente rivolta a donne in fuoriuscita dalla violenza, denominata “Reddito di libertà”, prevedendo un sussidio mensile di 780 euro, incrementabile in presenza di minori e in presenza di disabilità di uno o più componenti del nucleo, erogato per massimo 3 anni, a fronte dell’impegno a partecipare a un progetto personalizzato per l’autonomia economica. Per accedere è necessaria la certificazione dei servizi sociali del comune di residenza dello status di “vittima di violenza” della donna richiedente. Nel periodo 2018-2022, 108 donne hanno presentato domanda per la misura, solo 59 ne hanno beneficiato. Si tratta di un numero contenuto se si considera che le denunce per motivi di violenza registrate sul territorio sardo nel 2020 sono state 638 e che circa la metà delle donne accolte dalle strutture antiviolenza di D.i.Re era disoccupata e in condizioni economiche vulnerabili. Dalla sua istituzione ad oggi per la sua attuazione sono stati stanziati circa 2,7 milioni di euro. Risorse che non riescono a coprire il fabbisogno reale.
Negli anni lo strumento è stato migliorato attraverso la collaborazione dei CAV sardi, ma restano modalità di erogazione “discriminanti”: per accedere alla misura bisogna essere in grado di anticipare il denaro. Il meccanismo amministrativo prevede, infatti, la liquidazione del contributo a fronte della presentazione della rendicontazione delle spese sostenute, ad eccezione della prima tranche. Si tratta di una richiesta che però, in alcuni casi, costringe la donna a rinunciare a presentare domanda a causa proprio dell’indisponibilità economica di partenza. È quanto denuncia ActionAid con il report “Diritti in bilico”, l’analisi delle politiche e delle risorse nazionali e regionali a sostegno delle donne, attraverso focus group, workshop e interviste che hanno coinvolto circa 100 rappresentanti di strutture di accoglienza, servizi territoriali ed enti pubblici per donne in fuoriuscita dalla violenza. Per il periodo 2015-2022, le istituzioni hanno stanziato circa 157 milioni, ovvero 54 euro circa al mese per ogni donna non autonoma economicamente per fornirle un supporto al reddito, promuoverne il re/inserimento lavorativo, garantire una casa sicura e sostenibile nel lungo periodo. Fondi scarsi che dovrebbero sostenere le donne, che spesso non riescono a produrre una dichiarazione Isee separata da quella del maltrattante e accedere a misure contro la povertà (reddito di cittadinanza, reddito di dignità) o di supporto alle famiglie in difficoltà (es. bonus affitto, bollette).
«Per vivere una vita libere dalla violenza le donne hanno bisogno di un reddito sufficiente una casa sicura, un lavoro dignitoso e servizi pubblici funzionanti: diritti fondamentali che le istituzioni italiane non sono in grado di garantire a tutte e in tutti i territori. Il rischio è di far tornare le donne, spesso con figlie e figli, dagli autori di violenza, vanificando il loro percorso verso l'autonomia. Quanto tempo ancora le migliaia e migliaia di donne che hanno subito violenza dovranno aspettare prima di poter beneficiare di politiche e servizi strutturali che rispondano alle loro esigenze? Al Governo chiediamo per l’ennesima volta di adottare politiche integrate e strutturali coinvolgendo tutti i Ministeri e gli uffici competenti» dichiara Isabella Orfano, esperta diritti delle donne di ActionAid.
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