Carlo Mannoni
20:16
L'opinione di Carlo Mannoni
In ricordo di un amico caro
Giovanni Cugia, un caro amico di Alghero se ne è andato in silenzio. Uno di noi, del nostro tempo, quello del dopoguerra proiettato verso il progresso e la modernità. Ci siamo conosciuti tra i banchi di scuola, frequentati nella giovinezza e poi un po’ persi fino a ritrovarci a Cagliari, colleghi di lavoro alla Regione. È stato parte della mia storia come io ho fatto parte della sua: la scuola, l’università, il lavoro, le amicizie comuni. In fondo il nostro vivere sociale non è stato che un intreccio di relazioni interpersonali, tra le quali l’amicizia ha avuto un ruolo speciale. Persona retta e discreta come poche, dirigente della Regione integerrimo e capace con incarichi di alta responsabilità, aveva dovuto interrompere anzitempo il lavoro nel 2004 per una grave malattia invalidante.
Da allora aveva scelto di vivere lontano dalla sua amata Alghero, in una sorta di esilio forzato da lui scelto affinché il suo rapporto con la città fosse solo ed esclusivamente quello del ricordo del tempo vissuto sino alla sua malattia. Legatissimo alla sua famiglia d’origine, così come agli amici di un tempo, si recava saltuariamente ad Alghero ma solo per una brevissima visita alle persone care, perché per lui il tempo fisico della città si era fermato in quella triste sera del febbraio del 2004 in cui la malattia lo aveva costretto su una sedia a rotelle. Durante le sue visite ad Alghero, era come se il suo sguardo rifuggisse volutamente alla visione d’insieme della città, alla sua naturalità, ai suoi contorni e ai suoi orizzonti. Si limitava ai particolari, ai dettagli, perché per lui l’insieme era solo ed esclusivamente quello di un tempo, immutabile, depositato e conservato come entità sentimentale nella sua memoria.
Soggiogato fisicamente ma mai vinto intellettualmente e tantomeno moralmente dall’avversa temperie, nei suoi ultimi vent’anni ha ingaggiato con questa un confronto ideale acceso e instancabile. Innumerevoli duelli da cui il suo spirito è uscito sempre, pur tra molte sofferenze, vincitore; sino all’ultimo conclusivo in cui si è addormentato, certamente non vinto, nel definitivo sonno. Da oggi Giovanni è di nuovo ad Alghero, nella sua terra dove resterà per sempre vicino ai suoi cari, ciò che più desiderava. Mi piace credere, come se lui stesso mi suggerisse questo pensiero, che con lo sguardo abbraccerà ora, libero dalle costrizioni del corpo, oltreché le persone da lui amate, anche l’insieme della sua cara Alghero, i suoi contorni, i suoi orizzonti e la sua naturalità che lui richiamava spesso nelle sue sofferte e struggenti poesie.
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