Red
30 giugno 2009
Fondali a rischio, allarme di Greenpeace
Gli ambientalisti: Già gravi danni dal cambiamento climatico, intervenire con urgenza per arrestare una deriva incontrollata e irreversibile

ALGHERO - Anni di ricerche scientifiche dimostrano che il Mediterraneo sta cambiando: Alto Adriatico, mari del sud Italia (Sicilia, Puglia e Calabria), e Alto Tirreno (soprattutto Arcipelago Toscano e mar Ligure) registrano già gravi danni a causa del cambiamento climatico. E' quanto emerge dal rapporto "Un Mare d'Inferno - il Mediterraneo e il cambiamento climatico", lanciato lunedì da Greenpeace.
Il rapporto, sottolinea Greenpeace in una nota, «è una rassegna di alcuni esempi eclatanti, e di certo non è esaustivo dell'enorme mole di dati scientifici noti. Con una bibliografia di quasi trenta pubblicazioni scientifiche, lo scopo del rapporto è di mettere a disposizione di tutti, con un linguaggio semplice e franco, le 'prove' di un fatto ormai ben noto agli scienziati: il cambiamento climatico è già tra noi».
Il rapporto evidenzia come il cambiamento climatico non agisce in isolamento, ma insieme a troppi altri fattori di degrado quali l'inquinamento, la distruzione delle coste e la pesca eccessiva e distruttiva. E' necessario gestire meglio le attività umane che operano sul mare e uno degli strumenti più utili in tal senso sono le riserve marine, sottolinea Greenpeace. «Dobbiamo mettere al sicuro grandi aree di mare per garantire il funzionamento di questo ecosistema - aggiunge Gianni' - Un mare in salute potrà resistere meglio allo stress imposto dal riscaldamento globale, mentre un mare malato non ce la farà. E noi con lui».
Greenpeace ha presentato una proposta per una rete di Riserve Marine che copra il 40% del Mediterraneo, lungo le coste e in altura per proteggere specie ed habitat costieri e marini che siano più sensibili al cambiamento climatico. La realizzazione di questa rete, al 2012, è stata decisa dalla Convenzione di Barcellona (il principale Accordo Internazionale per la protezione del Mediterraneo) con la Dichiarazione di Almeria, adottata nel gennaio 2008.
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