La storia di Giovanni Nuvoli e i temi dell´eutanasia e del testamento biologico nel libro scritto dalla vedova dell´ex arbitro algherese, Maddalena Soro, presentato ad Alghero sabato 5 febbraio. Presente il dottore Carlo Sini e la moglie di Pergiorgio Welby
ALGHERO - «Un corpo umano non aspetta una legge» aveva dichiarato Maddalena Soro, la vedova di Giovanni Nuvoli, all'indomani della morte di Eluana Englaro (il 9 febbraio del 2007 ndr), la giovane di Lecco in stato vegetativo da 17 anni e balzata agli onori (o disonori) della cronaca, sui temi dell'eutanasia e del testamento biologico in Italia. La Englaro, così come Nuvoli e Piergiorgio Welby (scomparso nel dicembre del 2006 ndr), sono i nomi di una battaglia che i loro familiari combattono per rivendicare il diritto ad una scelta, tra la vita e la morte.
Non si sono nascosti e sono diventati senza poterlo evitare il risvolto pubblico e mediatico di un vuoto normativo che pesa nel nostro Paese. E una delle loro storie è diventata un libro, scritto dalla Soro e dal titolo "Quegli occhi che urlavano: Giovanni Nuvoli: la malattia, la scelta", presentato venerdì 4 febbraio a Sassari e sabato 5 ad Alghero. Ad accompagnare l'autrice nel dibattito, Mina Welby, vedova di Piergiorgio. Nuvoli era malato di sclerosi laterale amiotrofica, una patologia degenerativa che colpisce un gruppo specifico di cellule del midollo spinale causando una progressiva paralisi dei quattro arti e dei muscoli deputati alla deglutizione e alla parola.
L'ex arbitro algherese, capace di intendere e volere, aveva deciso di farsi sospendere il cibo e l’acqua e otto giorni dopo, il 23 luglio 2007, moriva. In seguito alla sua morte veniva accusato di omicidio colposo il medico che aveva curato l’assistenza domiciliare al malato, il dottore Carlo Sini (è intervenuto alle due serate di presentazione), che venne poi assolto dalla Procura di Sassari in quanto ritenuto non responsabile della decisione del paziente. Tre casi, tre storie e tre famiglie che hanno vissuto la stessa sofferenza, impotenza e consapevolezza che nessuna legge o tribunale può comprendere (non è questo il compito del Legislatore), ma che uno Stato Civile ha il dovere di regolamentare.
Il Parlamento, probabilmente si dedicherà a breve (ma dopo quasi 15 anni di discussioni), a discutere e votare una legge sul testamento biologico. Si rivendica l'indipendenza dei cittadini nella scelta delle terapie, come prevede la Costituzione. Un appello sostenuto da tanti nomi illustri del mondo della cultura, dello spettacolo, della politica, del cinema e della scienza rivendica «tale diritto per tutte le persone, per coloro che possono parlare e decidere, e anche per chi ha perso l'integrità intellettiva e non può più comunicare, ma ha lasciato precise indicazioni sulle proprie volontà».
«Chiediamo una legge che dia a chi lo vuole, e solo a chi lo vuole, la possibilità di indicare, quando si è pienamente consapevoli e informati, le terapie alle quali si vuole essere sottoposti, così come quelle che si intendono rifiutare, se un giorno si perderà la coscienza e con essa la possibilità di esprimersi. Vogliamo una legge che confermi il diritto alla salute ma non il dovere alle terapie. Vogliamo una legge di libertà, che confermi ciò che è indicato nella Costituzione».