S.A.
22 marzo 2012
Crisi: chiudono 3.182 imprese sarde
Il saldo è negativo, rispetto alle iscrizioni, a meno 817. Mai, in precedenza, i dati delle Camere di Commercio di Cagliari, Sassari, Nuoro e Oristano avevano registrato un saldo negativo di questa portata

SASSARI - Ben 3.182 piccole e medie imprese sarde dei settori commercio e turismo, nel corso del 2011, hanno cessato l’attività. Il saldo è negativo, rispetto alle iscrizioni, a meno 817. Mai, in precedenza, i dati delle Camere di Commercio di Cagliari, Sassari, Nuoro e Oristano avevano registrato un saldo negativo di questa portata. Un dato su cui bisogna riflettere con attenzione, se si pensa che circa un terzo delle 2.365 nuove iscrizioni si riferisce ad attività di extracomunitari (su tutti cinesi, pakistani e senegalesi), in prevalenza ambulanti, che spesso sfuggono ai controlli fiscali.
Di questo e della crisi che attraversa la Sardegna si è parlato stamane (mercoledì) nel corso della presentazione della “Giornata di mobilitazione a sostegno delle Pmi”, promossa dalla Confesercenti nazionale. «Abbiamo aderito senza indugi all’iniziativa – spiega il presidente regionale, Marco Sulis – perché siamo consapevoli del momento difficilissimo che attraversa l’Isola. Nel 2011 le famiglie sarde hanno cominciato a sperimentare gli effetti negativi delle enormi difficoltà della nostra economia. Dopo più di un anno dalla pesante recessione che aveva già colpito profondamente i bilanci delle famiglie, un’altra fase difficile si sta profilando. I sardi, il cui reddito disponibile si è complessivamente ridotto di oltre il 5% in un triennio, si trovano ora pericolosamente esposti alle turbolenze in atto».
Sulis ha sottolineato che «la cessazione di 817 imprese equivale alla perdita di 2.500 posti di lavoro: una enormità, che passa quasi inosservata all’attenzione generale perché si tratta di realtà sparse per tutta la regione. Mi chiedo che cosa sarebbe accaduto, invece, se avessero chiuso i battenti due imprese con 1.250 dipendenti ciascuna: forse sarebbe scoppiata la guerra civile. Invece questi fatti stanno passando in silenzio, e il Governo Monti continua a proporre misure che stanno stritolando le piccole e medie imprese».
La situazione di stasi o crisi dei consumi delle famiglie, non poteva non avere un impatto sul commercio al dettaglio. Ma anche il turismo deve fare i conti con una situazione che non consente alle imprese italiane di reggere la concorrenza dei competitor europei più temibili. L’aliquota Iva, di per sé più elevata rispetto alla maggior parte dei Paesi europei, è destinata a salire dal 10% al 12% (ottobre 2012) e addirittura al 12,5% (nel 2014).
|