Fermato questa mattina l'algherese Giovanni Pirisi, docente di cucina nel carcere cittadino. E' accusato di aver favorito la tentata evasione di tre detenuti albanesi avvenuta lo scorso gennaio. Le immagini della conferenza stampa
ALGHERO - Le indagini avviate in seguito alla
tentata evasione dal carcere di Alghero nel gennaio scorso di tre detenuti albanesi hanno portato ad una ordinanza di custodia cautelare eseguita questa mattina dal Reparto di Polizia Penitenziaria della Casa Circondariale di Alghero e la Polizia di Stato cittadina. In manette è finito un 42enne algherese, Giovanni Pirisi, docente nella stessa struttura, accusato di favoreggiamento e di corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio. Ora si trova a Bancali, a disposizione dell'Autorità Giudiziaria.
I fatti e lo svolgimento dell'inchiesta sono stati illustrati in una conferenza stampa dal dirigente del Commissariato Valter Cossu, il responsabile della Penitenziaria Antonello Brancati e la direttrice del carcere la dottoressa Milanesi. Il 14 gennaio di quest'anno tre cittadini albanesi - un 30enne, un 26enne, un 47enne - venivano sorpresi dalla Polizia Penitenziaria durante un tentativo di evasione e bloccati sulle mura di cinta mentre tentavano di scendere con l’ausilio di una corda di fortuna. Da quel momento sono subito partite le indagini congiunte della squadra di Polizia Giudiziaria del Commissariato e il reparto di Polizia Penitenziaria, con il coordinamento del Pubblico Ministero Loris.
La ricostruzione degli eventi ha permesso di tracciare la dinamica del tentativo: i detenuti erano riusciti a forzare le sbarre di sicurezza della cella avvalendosi di arnesi da scasso ed acidi, con un complice che li aspettava a bordo di un’auto. Nella ricerca dell’anello di congiunzione tra gli strumenti usati per il tentativo di fuga ed il suo fornitore, le ricerche si sono strette intorno alla figura di Pirisi, insegnante di cucina nella scuola e coordinatore del progetto di formazione dei detenuti.
L’insegnante, sfruttando la propria posizione, dietro compenso - inferiore ai mille euro - pattuito con il complice straniero esterno alla struttura penitenziaria, avrebbe introdotto in carcere gli strumenti. I sospetti degli agenti avrebbero trovato riscontro nelle frequentazioni del professore nella sua vita privata, vicine sia ai familiari e amici dei detenuti, sia allo stesso complice. Sul proseguo dell'attività scolastica che coinvolge una cinquantina di studenti-detenuti, la direttrice non ha dubbi: «l'episodio è spiacevole umanamente e professionalmente, ma il carcere di Alghero resterà giustamente famoso per la vocazione al recupero».
Ultimo aggiornamento ore 12