Luciano Deriu
25 febbraio 2015
L'opinione di Luciano Deriu
Parco, sviluppo rurale, melanzane e cinghiali
Sabato scorso la ridente borgata di Guardia Grande ha ospitato un convegno che ha visto una grande partecipazione dei lavoratori agricoli con una presenza di giovani del tutto inedita nel mondo rurale. Il titolo del convegno era ambizioso: Piano Urbanistico Comunale, Piano del Parco, Valorizzazione delle aree rurali. Salvo qualche generica enunciazione, non si è visto nessun Piano del Parco. In compenso si è visto con chiarezza il rapporto che esiste tra il Parco di Porto Conte e le comunità rurali che costituiscono il suo territorio produttivo. Quando la legge sul Parco giunse ad Alghero quelle aree agricole erano incluse nel perimetro del Parco, ma furono pronte a chiedere e ottenere di essere scorporate. Nel Parco vedevano solo vincoli e nessuna opportunità di sviluppo. A quindici anni di distanza niente è cambiato. Nel convegno di Guardia Grande i lavoratori agricoli hanno espresso una immutata diffidenza verso il Parco e hanno rimarcato il complesso di vincoli, non compensati da alcuna opportunità di sviluppo.
Occorre dire che questa volta gli agricoltori hanno mille ragioni e che appaiono fondati i timori che col Piano del Parco aumentino i vincoli senza contropartita alcuna. Di “diffidenza verso nuove norme” parla il giovane Presidente del Comitato zonale della Nurra in un intervento che chiede quel sacrosanto “coinvolgimento del territorio” che non si è mai visto. Più dirette le voci del Convegno: “Il Parco non ha creato nessuna opportunità di lavoro nel territorio. C’è un Marchio del Parco, ma non c’è la melanzana della Nurra col Marchio del Parco”. I vincoli sono rappresentati dalle difficoltà a qualsiasi autorizzazione di trasformazione aziendale e soprattutto dall’invasione distruttiva dei cinghiali, conseguente al divieto di caccia nei parchi. Colpa delle leggi nazionali, è stato detto. Nonché delle associazioni ambientaliste. Nulla di più sbagliato. La legge nazionale si può superare con deroghe regionali, come è stato già fatto in alcune regioni. Quanto alle associazioni ambientaliste, la Legambiente sottoscrive l’esigenza degli agricoltori per l’abbattimento della fauna selvatica.
Anni fa accompagnai personalmente il Presidente del Parco dal grande naturalista Helmar Schenk per vedere come affrontare il problema dei cinghiali nel rispetto dell’ambiente. Il parere di Schenk, un’autorità dell’ambientalismo internazionale, oggi purtroppo scomparso, indicò come unica soluzione l’abbattimento selettivo. La tipologia di cinghiale diffuso in Sardegna, oltre ai noti danni, è dannosa per l’ambiente in quanto, con l’abnorme proliferazione, rompe gli equilibri naturali. La percezione degli operatori agricoli del mancato coinvolgimento del territorio costituisce un indicatore negativo per le politiche di un Parco. Un Parco come quello di Porto Conte non è un territorio di lande desolate. È un’area piena di vita naturale con un tesoro di territorio produttivo alle spalle. La missione del Parco di Porto Conte va oltre la pur dovuta conservazione, già assolta in parte della Forestale.
Non può che incontrare il suo territorio. Il che significa non solo qualche incontro, ma sviluppare progettualità comuni, individuare adeguati programmi europei di finanziamento e partnership tra Parco e mondo agricolo capaci di valorizzare le produzioni nel senso della sostenibilità, dell’innovazione e della qualità alimentare. Niente altro che quello “sviluppo delle attività economiche compatibili, in primo luogo quelle tradizionali, agricole, zootecniche, artigianali” , che recita il primo articolo della legge istitutiva del Parco. Ora il Parco ha un nuovo presidente. Sicuramente una persona perbene e un amante dell’agricoltura. Da lui ci aspettiamo che sia capace di far uscire il Parco dalla sua autoreferenzialità e sappia compiere quel matrimonio tra conservazione e sviluppo locale che è l’autentica missione del Parco di Porto Conte.
*Segretario Legambiente Sardegna
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