Sara Alivesi
10 febbraio 2009
Maddalena Soro: «accusata come Beppino Englaro»
E´finito ieri sera il calvario di Eluana Englaro. La vicenda umana della giovane di Lecco risveglia il dolore di Maddalena Soro, la vedova di Giovanni Nuvoli, l´algherese malato di sclerosi laterale amiotrofica e morto nel luglio 2007

ALGHERO – E’ finito ieri sera il calvario di Eluana Englaro, la ragazza che dal 17 gennaio 1992 si trovava in uno stato vegetativo permanente in seguito ad un incidente stradale. Il caso della giovane di Lecco ha riaperto in Italia la polemica politica e religiosa sul testamento biologico, dopo il caso Welby e l’algherese Nuvoli. Ieri, per Eluana, il Parlamento decideva una legge ad hoc per riprendere la nutrizione e l'idratazione dopo che la sentenza della Cassazione aveva accolto la richiesta del padre di sospenderla, dopo diciassette anni di coma.
«Un corpo umano non aspetta una legge. Il Parlamento voleva soltanto decidere su un singolo corpo, ma Eluana è morta prima – è stata la prima dichiarazione di Maddalena Soro, la vedova di Giovanni Nuvoli – quando mio marito ha deciso di non nutrirsi più mi sono ritrovata la casa accerchiata da senatori e carabinieri. Come Beppino Englaro sono stata accusata. E abbandonata». La vicenda umana della Englaro e della sua famiglia non lascia indifferente chi quella sofferenza sospesa tra la vita e non vita, la morte e non morte, l’ha già vissuta per anni tra tribunali e ospedali.
Nuvoli era malato di sclerosi laterale amiotrofica, una patologia degenerativa che colpisce un gruppo specifico di cellule del midollo spinale causando una progressiva paralisi dei quattro arti e dei muscoli deputati alla deglutizione e alla parola. L'ex arbitro algherese, capace di intendere e volere, aveva deciso di farsi sospendere il cibo e l’acqua e otto giorni dopo, il 23 luglio 2007, moriva. In seguito alla sua morte veniva accusato di omicidio colposo il medico che aveva curato l’assistenza domiciliare al malato, il dottore Carlo Sini, che venne poi assolto dalla Procura di Sassari in quanto ritenuto non responsabile della decisione del paziente.
Sulla volontà del soggetto e su quella di uno Stato di Diritto, i Governi che si sono succeduti non hanno ancora approvato una legge sul testamento biologico, il documento scritto per garantire la propria determinazione in materia di trattamento medico anche quando non si è in grado di comunicarla. In seguito al caso Eluana, l’esecutivo ha iniziato il 27 gennaio in commissione Sanità al Senato la discussione sul disegno di legge presentando un testo compatto della maggioranza e che ha, invece, diviso l’opposizione.
Tra i principi cardine del disegno di legge, quello in base al quale nutrizione e idratazione sono «forme di sostegno vitale» e dunque non possono essere oggetto della "Dichiarazione anticipata di trattamento" (Dat) o "Testamento biologico". In dieci articoli, il Dl segna i capisaldi della Dat, a partire dal principio che si «riconosce il diritto alla vita inviolabile ed indisponibile, garantito anche nella fase terminale dell'esistenza e nell'ipotesi in cui il titolare non sia più in grado di intendere e volere». Il testo stabilisce inoltre che la Dat ha una validità di 3 anni, può essere rinnovata, revocata o modificata, non si applica in condizioni di emergenza e non è nè obbligatoria nè vincolante per il medico. E proprio al medico, sulla base del dl, spetta in sostanza l'ultima parola, non essendo tenuto a «porre in essere prestazioni contrarie alle sue convinzioni di carattere scientifico e deontologico».
Difficile capire cosa possa cambiare in merito ai casi medici di questi ultimi anni rispetto al testo presentato dal Governo. Per ora c’è prima di tutto una vicenda umana, di dolore, attesa e nessuna speranza; di fronte a questo: nessuna legge, polemica o rissa mediatica, ma solo educazione e rispetto.
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