Sequestro discarica dell´Arenosu: solo l´epilogo di una vicenda che dura da vent´anni
A commentare la positiva azione dei militari della fiamme gialle numerosi cittadini di Fertilia e alcuni dei residenti nella zona sottoposta a sequestro. «Il problema ambientale e di decoro urbano -spiegano- esiste da più di venti anni e non lo si è mai voluto risolvere in maniera definitiva contribuendo alla costruzione di un disastro ecologico vero e proprio».
ALGHERO - Nulla di nuovo nel
sequestro dell’area pinetata dell’Arenosu da parte della Guardia di Finanza avvenuto nei giorni scorsi, ma soltanto l’auspicato epilogo di una vicenda paradossale che si protrae da un ventennio. Da quando cioè l’area è stata interessata dalla presenza ormai stanziale del gruppo Rom. A commentare in questo modo la positiva azione dei militari della fiamme gialle numerosi cittadini di Fertilia e alcuni dei residenti nella zona sottoposta a sequestro. «Il problema ambientale e di decoro urbano-spiegano-esiste da più di venti anni e non si è mai voluto risolvere in maniera definitiva contribuendo alla costruzione di un disastro ecologico vero e proprio». Ed è proprio così perchè, seppure ci siano stati diversi interventi di bonifica del sito in questi quattro lustri da parte della società di nettezza urbana per conto del comune, il deposito incontrollato non ha mai smesso di esistere. «Incolpare del disastro ambientale il gruppo Rom-proseguono alcuni cittadini di Fertilia-è discriminatorio, ma a onor del vero, va detto che una parte consistente di ferraglia,indumenti, plastiche provenienti dai rivestimenti dei fili di rame è prodotto della loro attività e occupazione del sito. Il rame e il ferro che utilizzano per i loro lavori proviene da quei rifiuti». Il resto poi deriva dallo scarso rispetto ambientale delle persone che si “definiscono” civili. Da segnalare inoltre che nel sito è sempre esistito anche un altro tipo di inquinamento proveniente dai fuochi accesi in maniera indiscriminata dai nomadi nei quali sono finiti per anni non solo alberi interi di pino (testimonianza della deforestazione della zona) ma soprattutto parti di plastica e quant’altro potesse bruciare. Una situazione paradossale implementata da una massiccia dose di permissivismo delle istituzioni preposte alla salvaguardia e tutela ambientale, che di rado sono intervenute per impedire ai Rom di svolgere tali azioni contrarie a diverse leggi ambientali ma ancor prima al buon senso civico. «Forse ma quasi sicuramente non si è mai intervenuti-concludono i residenti della zona-per evitare di essere tacciati di intolleranza o persecuzione nei confronti del gruppo Rom che in questo modo ha fatto quello che ha voluto». E la colpa alla fine va sempre e inevitabilmente a finire addosso alla classe politica dirigente che non ha mai voluto occuparsi seriamente del problema realizzando un campo nomadi regolarmente disciplinato e controllato. Si è così arrivati a questo epilogo. L’area di proprietà dell’Ersat, ente strumentale della Regione, che mai se ne occupato della tutela è inserita nel contesto ambientale del Parco di Porto Conte insieme alla laguna del Calich.Ora a mettere la lente sulle omissioni compiute in questi anni ci penserà la Magistratura e chissà che qualcosa possa cambiare. Certamente sarà difficile pensare che quel luogo possa ritornare allo splendore ambientale di trent’anni fa quando durante le opere di bonifica tanta gente con zappa e braccia piantò centinaia di migliaia di alberi dando vita al polmone verde dell’Arenosu che prosegue per Monte Doglia, Punta Negra, Bombarde fino a Porto Conte. L’inquinamento attraverso rifiuti tossici provenienti da batterie ed elettrodomestici passando da oli esausti è penetrato a dovere. A quest’opera di risanamento comunque possibile ora sarà chiamato l’ente proprietario del terreno che se la caverà magari con una semplice bonifica. Ma se lo vorrà potrà occuparsi seriamente della zona soprattutto l’Ente Parco nell’ottica di una gestione sostenibile della laguna.
Nella foto lo scempio ambientale