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Enrico Muttoni 22 ottobre 2014
L'opinione di Enrico Muttoni
Sui mali del depuratore solo responsabilità politiche
<i>Sui mali del depuratore solo responsabilità politiche</i>

La revoca dell’autorizzazione provinciale allo scarico, recentemente comminata al sistema depurativo fognario di Alghero, ha rimesso in moto l’azione delle varie amministrazioni interessate alla faccenda: cosa che merita qualche commento. Il sistema depurativo dei reflui algheresi, che chiamerò da qui in avanti depuratore, ha due enormi difetti. Il primo, sono i costi di gestione, derivanti dagli elevati consumi elettrici e manutentivi per il pompaggio dei liquami dalla città alla zona industriale. A questi si aggiungono i costi derivanti dalla struttura dell’impianto, che consiste in una stazione di grigliatura e pompaggio al Mariotti, qualche chilometro di linea, e la stazione di lavorazione in zona S. Marco. Trasformare degli idraulici in ferrovieri, non è stata certo una grande trovata. Il secondo problema è lo scarico dei reflui nel letto del Rio Filibertu, che come ormai tutti sanno, compromette la salute dello stagno di Calich e della spiaggia di Maria Pia.

Fatta questa doverosa premessa, si registra il continuo coinvolgimento di Abbanoa nei contatti e nelle discussioni per la risoluzione del problema. Ora Abbanoa, gestora (ammesso che sia di genere femminile) delle fogne e del depuratore, potrebbe, rivedendo la sua operatività, ampliando l’impianto, e controllando la lavorazione, agire unicamente sulla qualità del refluo, non potendo minimamente influire in senso migliorativo né sulle portate, né sui costi, né sul punto di scarico. Qualche autorevole voce sostiene infatti che il problema risiede proprio nella gestione dell’impianto, e punta il dito. Perché elevare Abbanoa al ruolo di interlocutore privilegiato? Perché è il capro espiatorio ideale. Nata per un gesto di imperio, senza un padrone, invisa ai politici (perché ogni sindaco pensa che tutte le fonti del paese siano di sua proprietà), pasticciona, vituperata se non odiata dagli utenti, se subisse un ulteriore calo di immagine non si meraviglierebbe nessuno.

Non solo, se Abbanoa ammettesse che, con alcune modifiche di impianto, la situazione migliorerebbe, si sarebbe trovato un responsabile, si potrebbero perdere un paio d’anni per le modifiche, si taciterebbe l’opinione pubblica, e, colpo di genio, a pagare sarebbe il gestore che ribalterebbe i costi sull’utenza. Quattro piccioni con una fava. Peccato che Abbanoa sia il sublimato di una politica, non una società di gestione. E che qualunque azione porti avanti, questa non si realizzi se mamma Regione (che unitamente al Comune di Cagliari ha la maggioranza assoluta delle azioni, e che seleziona e nomina funzionari e tecnici) non vuole. E cosa ancora più grave con la tacita approvazione dell’azionariato, cioè dei Sindaci sardi. E difficile pensare ad una sua indipendenza, terzietà e capacità di imporre un parere tecnico non gradito ai politici. Le responsabilità politiche sono, invece, pesanti.

Pesa la scelta di inviare i liquami a S. Marco quando, con opportuni accorgimenti l’impianto del Mariotti avrebbe potuto funzionare al meglio; pesa la bugia di necessità di uso dei reflui, bugia necessaria per accedere ai finanziamenti; pesa la superficialità dell’accordo con l’ente Bonifica della Nurra, senza aver effettuato la benché minima sperimentazione; pesa la decisione di scaricare nel Filibertu il cui apporto, calcoli alla mano, avrebbe riempito il Calich in breve tempo. Qualsiasi intervento, dunque, di Abbanoa, non cambierebbe nulla dello stato attuale. I costi resterebbero invariati con tendenza al rialzo; e la variazione della qualità dell’acqua di scarico non cambierebbe nulla nè alla situazione di Calich e spiagge, nè ai suoi rischi di utilizzo irriguo. La tecnologia consente, infatti, di depurare l’acqua da liquame fino ad ottenere acqua distillata, a costi esponenzialmente crescenti.

Anche se si potesse, pagando cifre astronomiche, versare un volume di acqua distillata pari a quello attuale nel Calich, non porterebbe miglioramenti. Anche buttarla nelle campagne della Nurra non sortirebbe effetto migliore. La scelta che si impone, quindi, è quella di un nuovo punto di scarico: in mare, la cui capacità è grande, conosciuta e a prova di errore umano. E trovare un modo di ridurre i costi energetici,laddove il rilancio dei reflui nella Nurra li raddoppierebbe. Capire a fondo le dimensioni del guaio combinato, non combinarne altri simili e operare delle scelte, tutte impopolari, è compito dei politici. Ma vista la loro lungimiranza, l’irragionevolezza degli ambientalisti, e gli interessi personali legittimi o meno, ragionare così, per loro, è come concedere a Bertoldo la scelta dell’albero per la propria impiccagione. Dimenticavo: ci sarebbe il problema dei soldi. Ma questa è un’altra storia.

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