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Pietrino Fois 20 gennaio 2015
L'opinione di Pietrino Fois
In Sardegna Statuto solo sulla carta
<i>In Sardegna Statuto solo sulla carta</i>

Per chi ne avesse voglia, potrebbe essere utile leggere o rileggere quanto è avvenuto nei sessanta anni della nostra autonomia per capire come sono stati utilizzati. Certo, il nostro statuto nasce debole e, come disse Lussu e non solo, nasce “gatto” invece che “leone” e la nostra autonomia è finita nelle fauci del governo centrale prima ed ora della Commissione Europea. Uno statuto solo sulla carta. Lo dimostrano le decine di ricorsi alla Corte Costituzionale, al Tar, al Consiglio di Stato; se fosse vero il contrario, la forza del nostro statuto negli anni ci avrebbe tutelato diversamente. Tutto questo, però, non ci esime da fare una analisi corretta di quelle che sono state le responsabilità di chi ci ha preceduto, ma anche nostre. Quello che infatti le forze politiche e diverse Giunte Regionali avrebbero dovuto fare sono già scritte dalla storia e rimangono lì scolpite, responsabilità oggettive di partiti e singoli. Quindi tutto ciò prescinde dalla mia volontà di ricordarle o meno, ormai è storia. Oggi chi arriva via mare in nave o in barca a Cagliari o a Porto Torres, le prime cose che vede sono ciminiere e a Ottana, dove il mare non c’è e ci sono solo bellissime pianure, anche lì svettano le ciminiere.

Politiche lungimiranti e coraggiose, di allora, avrebbero dovuto promuovere affinchè a Cagliari e Porto Torres vivessero e progredissero tradizioni di mare, di pesca e di turismo, e ad Ottana tenere duro sulla millenaria cultura agro-pastorale, evitando lo smembramento di famiglie e aziende che sono state strappate a radici e culture che oggi come ben vediamo siamo “obbligati a valorizzare e riscoprire”. Si è voluto, invece, optare per scelte molto più comode e clientelari. Quelle scelte hanno nomi e cognomi e sono facilmente individuabili nelle persone che hanno ricoperto le cariche di Presidenti e Assessori, con le relative deleghe e le delibere adottate fra gli anni settanta e ottanta. Le nostre generazioni ora stanno combattendo per porre rimedio, pur consapevoli delle difficoltà oggettive. Anche noi abbiamo avuto una parte di responsabilità partecipando, già dagli anni novanta, a governi in cui avevamo un ruolo decisionale e potevamo essere incisivi per pianificare uno sviluppo alternativo al passato. Ma il danno economico e culturale era già fatto. Come Riformatori, abbiamo cercato in tutti i modi di far maturare un cambiamento indirizzato ad un nuovo modello di sviluppo.

Non ce la siamo sentita di convivere nelle macerie senza indicare nuove prospettive. I fatti sono eloquenti: a partire dalla grande riforma della legge elettorale per i comuni, fatta da Mario Segni, e a seguire con il taglio degli enti strumentali, delle società partecipate, alla riduzione del numero dei consiglieri regionali e relativi stipendi, alla cancellazione delle province, l’anomalia della Fondazione del Banco di Sardegna e le due ultime grandi iniziative sulla vertenza entrate e sulle accise. Queste sono alcune delle questioni che hanno concretamente rivoluzionato l’approccio con la politica, rilanciando una stagione “costituente”. Gli altri partiti, inermi e apatici, se la vedranno con i propri elettori, ma noi Riformatori siamo tranquilli e certi di aver fatto il massimo delle nostre possibilità per provare a cambiare le cose. Le iniziative sopra elencate si traducono, infatti, in centinaio di milioni di euro che potranno così confluire nel bilancio regionale per incidere con forza in settori che oggi languono e che potranno così essere sostenuti. Esattamente come il funzionamento dei vasi comunicanti, se ne svuota uno e se ne riempie un altro, con risorse utili per il sostegno alle imprese, alle famiglie, all’occupazione, alla povertà e quindi per migliorare la qualità della nostra società.

Non e’ più possibile che un bilancio di circa sette miliardi di euro possa avere una manovrabilità di poche centinaia di milioni di euro, e con queste iniziative ci saranno nuovi margini. Le nostre lotte referendarie di riforme non sono fine a se stesse ma volte al miglioramento dei bilanci pubblici, sempre più chiari e “soprattutto utili”. E’ per questo che riteniamo di avere profuso, con tutte le nostre forze, un cambiamento oggettivo, pur sapendo che avremo avuto davanti a noi momenti di decisone difficili perché capaci di toccare e smontare interessi consolidati nel sistema della pubblica amministrazione. Con questo non vogliamo dire che siamo i primi della classe, ma certamente non siamo stati lì a "scaldare il banco", portando avanti non iniziative per ricadute elettorali, ma “lotte vere e concrete”. A proposito,e chiudo, se nell’ultima legislatura alcuni dei nostri alleati avessero avuto la sensibilità e il coraggio di approvare con noi le leggi sul golf e sulla nuova portualità nautica, con relative ricadute economiche ed occupazionali, vi posso garantire che di quelle ciminiere che ancora oggi svettano nei punti più belli e suggestivi della nostra terra, ne potremo fare tranquillamente a meno.

*Consigliere regionale e presidente Commissione Bilancio uscente
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