Mariangela Pala
10 dicembre 2015
Porto Torres: superare il campo Rom, una vera emergenza
Il campo rom di "Ponti Pizzinnu" è diventato il regno del degrado, un luogo dove la dignità umana non c’è, vicino al resto della civile Porto Torres, un pezzo di città dove vivono decine di persone in condizioni di assoluto degrado, tra rifiuti pericolosi, topi in bella vista e sporcizia di ogni tipo

PORTO TORRES - Il campo rom di "Ponti Pizzinnu" è diventato il regno del degrado, un luogo dove la dignità umana non c’è, vicino al resto della civile Porto Torres che ospita le istituzioni locali i quali sembrano aver dimenticato che in quel pezzo di città vivono decine di persone in condizioni di assoluto abbandono, tra rifiuti pericolosi, topi in bella vista e sporcizia di ogni tipo, senza che nessuno intervenga. Se è stato giusto, anni fa, aver individuato un'area dove dare asilo ed ospitare la comunità rom, è altrettanto sacrosanto garantire loro condizioni di vita accettabili, eliminando oggi, vista la situazione, le tante baracche fatiscenti, costruite con lamiere e pezzi di legno, e provvedere con interventi urgenti, senza magari attendere che arrivi l'inverno e le forti piogge, che puntualmente trasformano l'intero campo in una enorme palude impraticabile.
Molte famiglie per sfuggire allo stato di degrado hanno deciso di emigrare verso altri paesi del resto del comprensorio, alla ricerca di alloggi dignitosi, occupando le case in maniera abusiva pur di trovare una degna sistemazione. L’associazione Asce Rom aveva più volte suggerito all’amministrazione comunale di Porto Torres diverse proposte da attuare nell’immediato e a lungo termine, rispettose dei diritti umani, in primis dei minori che frequentano le scuole.
Nell’immediato l’associazione Asce prospetta la possibilità di concessione da parte del Comune di alcuni alloggi di proprietà comunale con regolare contratto, «che consenta tra l’altro alle famiglie il trasferimento di residenza e l’allaccio delle forniture di acqua e di energia elettrica; in alternativa la stipula di un contratto transitorio di due o tre mesi in alloggio privato, anche individuato con l’aiuto di Asce, se gli uffici non riuscissero in tal senso, pagato dai Servizi sociali con la motivazione di Emergenza umanitaria, in attesa di soluzioni a lungo termine», spiega la presidente Asce, Irene Baule.
Un’azione urgente e improcrastinabile come richiesto dall’associazione che affianca e supporta persone a diverso titolo a rischio di emarginazione sociale, e che sta seguendo con estrema attenzione e preoccupazione le vicende delle famiglie che hanno occupato abusivamente altri stabili nel comune turritano. Interventi necessari a superare la situazione di incuria ormai intollerabile del campo sosta, dove i figli dei rom crescono e vivono nella “terra di nessuno”, tra tubature rotte e fogne a cielo aperto, con un proliferare di scarafaggi e topi nelle abitazioni.
«La situazione continua a peggiorare. Stamattina abbiamo preso le merendine per darle ai nostri figli ma le abbiamo dovute buttare via perché mangiate dai topi, – ha detto il rappresentante della comunità, Franko Nikolic - ho visto la tristezza negli occhi dei miei bambini. Basta! Non si può più vivere così, ed io non voglio investire in questa casa per poi vederla buttare giù, devono trovarci una soluzione alternativa». Condizioni igieniche precarie, le stesse in cui versano le strade adiacenti al campo abusivo. La situazione genera, evidentemente, un disagio notevole anche per i residenti vicini, sollevato più volte durante questi anni.
Segnali che non richiedono soltanto interventi di natura prettamente emergenziale, volti ad arginare focolai di intolleranza tra le comunità presenti nei campi abusivi e i residenti dei quartieri limitrofi o situazioni di estrema precarietà dal punto di vista igienico-sanitario. Quello che propone l’Asce Rom è un percorso che punti concretamente a ribaltare tale approccio, che guardi con decisione all’applicazione di quanto previsto dai quattro assi della strategia di inclusione (casa, istruzione, lavoro e sanità) e che tutto questo sia accompagnato da una comunicazione potente da parte delle istituzioni locali che dica, in maniera chiara e senza margini di ambiguità, che intende avviare un percorso volto al superamento dei villaggi “attrezzati”, ossia i campi nomadi, veri e propri luoghi di esclusione sociale, ostacoli al pieno godimento dei diritti di cittadinanza dei rom.
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