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Red 20 dicembre 2017
Continuità assistenziale: tagli agli stipendi
La Regione autonoma della Sardegna e l’Azienda per la tutela della salute «tagliano improvvisamente gli stipendi dei medici della Continuità assistenziale senza considerare le conseguenze negative per la popolazione sarda e per la classe di lavoratori colpita»: questo l´allarme lanciato dal Comitato medici di Continuità assistenziale nord Sardegna
Continuità assistenziale: tagli agli stipendi

ALGHERO – Il 23 novembre, il Comitato regionale per la medicina generale ha deliberato la sospensione del pagamento di due indennità orarie per tutti i medici della Continuità assistenziale (ex guardia medica) sarda. Le indennità sospese fanno riferimento all’Accordo integrativo regionale della Regione autonoma della Sardegna del 2010 ed all’Accordo ponte per la medicina generale del 2013. Nello specifico, i punti che sono stati messi in discussione sono: l'utilizzo di strumenti di comunicazione informatica messi a disposizione dall’Azienda nell’ambito dei progetti di prenotazione delle prestazioni e contenimento delle liste d’attesa, dei progetti di condivisione e strutturazione delle informazioni sanitarie; l'attivazione del medico da parte della centrale operativa del 118 e/o impegno dello stesso a bordo dei mezzi di soccorso per garantire il trasferimento protetto degli assistiti che necessitano di ricovero; il maggiore impegno assistenziale profuso nei mesi tra novembre e aprile dovuto alla maggiore morbilità per le patologie epidemiche e non; l'obbligo della trasmissione telematica dei dati delle ricette al Ministero dell’Economia e delle Finanze e delle certificazioni di malattia all’Inps per il tramite del Sistema Ts.

Queste indennità, legate unicamente alla disponibilità dei medici a compiere le attività, sono state unilateralmente convertite in “rimborsi”, retribuibili solo in caso di effettiva attuazione di almeno una delle prestazioni nell’arco del mese solare di riferimento. «L’Ats – specifica il Comitato medici di Continuità assistenziale nord Sardegna - a distanza di sette anni si trova in una situazione di oggettiva inadempienza, non avendo fornito, a gran parte delle sedi di Continuità assistenziale, i supporti elettronici e la connessione internet necessari per mettere in pratica il primo e il quarto punto degli accordi. Nonostante ciò, alcuni medici di Continuità assistenziale, nel corso degli anni hanno, a loro spese, adempiuto a tali attività utilizzando computer portatili o tablet personali nell’ottica di ridurre al minimo i disagi per gli utenti del servizio sanitario. Si aggiunge a questo, che Regione e Ats sono inadempienti su altri punti del succitato accordo del 2010, quali la fornitura di dotazioni di sicurezza nelle sedi di Continuità assistenziale, la formazione e il rapporto ottimale tra medici e pazienti».

Secondo il Comitato, la modifica dello status quo si porrebbe in netto contrasto con lo spirito dell’accordo siglato nel 2010, che mirava al raggiungimento di una completa integrazione dei servizi sanitari in Sardegna, per evitare il sovraffollamento nei Pronto Soccorso ed un uso consapevole delle medicalizzate del 118. Inoltre, le conseguenze della revisione delle indennità andrebbero a colpire proprio coloro che quotidianamente si impegnano per evitare il sovraccarico del servizio di emergenza-urgenza, già sofferente per ragioni legate al bacino d’utenza e alla carenza di personale. «Allo stato attuale, i medici di Continuità assistenziale vengono “invitati” ad evitare l'assunzione di responsabilità, legata al trattamento domiciliare dell’utente ed indirettamente incentivati a contattare almeno una volta al mese la centrale del 118 e contestualmente accompagnare i pazienti in ambulanza per poter ottenere un riconoscimento economico che in caso contrario non verrebbe corrisposto. Si va così a colpire, da parte di una Giunta regionale di Centrosinistra, una classe di lavoratori la cui attività si svolge in turni festivi e notturni, spesso in zone disagiate, lontano da strutture sanitarie, con pazienti nella maggior parte dei casi anziani con patologie croniche multiple e talvolta allettati».

«La Regione batte cassa colpendo una categoria che già si trova tra le meno remunerate in Italia – insiste il Comitato - colleghi di pari ruolo ricevono stipendi ben più elevati in altre regioni italiane. Il risultato del taglio delle indennità si traduce in un impoverimento significativo, con buste paga più magre anche di 300-400euro mensili, a cui si aggiunge lo spauracchio della richiesta del pregresso, mettendo in dubbio le condizioni sottoscritte negli accordi. I medici di Continuità assistenziale forniscono un servizio di indubbia utilità sociale e il decurtamento del riconoscimento economico messo in atto non contribuisce certamente al miglioramento di un servizio indispensabile per preservare la salute dei cittadini. Per queste ragioni – concludono i rappresentanti del Comitato - chiediamo con forza che la Regione e l’Ats ritornino sui propri passi, ripristinando le indennità previste dagli accordi regionali e provvedano alla restituzione della somma sottratta dalla mensilità di ottobre. Se la nostra voce resterà inascoltata ci riserviamo di rivendicare i nostri diritti attraverso l’organizzazione di manifestazioni di protesta ed eventualmente adire le vie legali per tutelare quello che consideriamo un diritto, avere uno stipendio dignitoso».
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