«Ieri, migliaia di cittadini catalani all’interno dell’aeroporto hanno intonato “Bella ciao”, un canto diventato, ormai, il manifesto di tutti i popoli che vogliono battersi per la libertà. Il filo linguistico che lega Alghero e la Catalogna ha, adesso, un altro elemento di comunanza», dichiara il presidente della locale Anpi Antonio Budruni
ALGHERO - «Ieri, 14 ottobre 2019, migliaia di catalani hanno occupato l’aeroporto di Barcellona per protestare contro la sentenza della Corte suprema spagnola che condannava tredici esponenti delle istituzioni e della cultura catalana ad un secolo di carcere. La dura sentenza di condanna è stata inflitta a coloro che sono stati considerati responsabili di aver organizzato un referendum, nella regione autonoma di Catalogna, chiedendo ai cittadini di esprimersi pro o contro l’indipendenza dallo Stato spagnolo. Un referendum che si era svolto in maniera democratica e civile, nonostante la durissima repressione della polizia spagnola che aveva fatto di tutto per evitare la consultazione popolare».
A ricordarlo, intervenendo su una brutta pagina di storia moderna
[LEGGI] è il presidente dell'Anpi Alghero Antonio Budruni, che ne approfitta per sottolineare qualcosa di nuovo: «Ieri, migliaia di cittadini catalani all’interno dell’aeroporto hanno intonato “Bella ciao”, un canto diventato, ormai, il manifesto di tutti i popoli che vogliono battersi per la libertà. Ad Alghero, in occasione dei festeggiamenti per il 25 aprile scorso, anniversario della liberazione d’Italia dal nazi-fascismo, per iniziativa dell’Anpi, nel lungo corteo che percorreva le strade del centro storico cittadino, per la prima volta la canzone partigiana è stata cantata in algherese. Il filo linguistico che lega Alghero e la Catalogna ha, adesso, un altro elemento di comunanza: Bella ciao».
«La sezione Anpi di Alghero, in questo momento così difficile per i catalani, è al fianco della loro lotta e si muoverà in ambito locale e nazionale per favorire una soluzione della questione catalana che non debba più essere affrontata con la carcerazione di donne e uomini che hanno espresso democraticamente e civilmente le proprie opinioni – conclude Budruni - ma attraverso il dialogo e la politica, gli unici strumenti che possano e debbano essere usati per risolvere questioni che sono politiche e sociali e non certamente criminali».