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A.B. 18 dicembre 2013
La denuncia: 2013 anno nero per l´editoria
Amaro bilancio di fine anno per il direttivo dell’Associazione editori sardi, che paventa ricadute deleterie su un settore vitale per la crescita culturale e il rischio, per niente remoto, che l’anno prossimo possa saltare la consueta edizione della Mostra del libro di Macomer
La denuncia: 2013 anno nero per l´editoria

CAGLIARI - Amaro bilancio di fine anno per il direttivo dell’“Associazione editori sardi”, che paventa ricadute deleterie su un settore vitale per la crescita culturale e il rischio, per niente remoto, che l’anno prossimo possa saltare la consueta edizione della Mostra del libro di Macomer. L’allarme è lanciato dall’intero direttivo, composto da Mario Argiolas (“Cuec”), Simonetta Castia (“Mediando”), Francesco Cheratzu (“Condaghes”), Walter Giglio (“Scuola Sarda Editrice”), Dario Maiore (“Taphros Editrice”), Manlio Manca (“Iskra edizioni”), Maria Marongiu (“Alfa editrice”), Giuseppe Mocci (“Aipsa”) e Paolo Cossu (“Grafica del Parteolla”), con l’adesione di gran parte delle case editrici sarde, tra le quali, “Ilisso Edizioni”, “Edizioni della Torre”, “Edes”, “Il Maestrale”, “Paolo Sorba Editore”, “Domus de janas”, “Soter” e “Magnum edizioni”.

«Un anno che poteva rappresentare un salto di qualità del comparto editoriale sardo, sempre più ricco di competenze, di progettualità e di significativi riconoscimenti da parte di critica e di pubblico, rischia di essere ricordato come l’anno nero», spiegano. Il 2013 è stato un pessimo anno per il settore del libro e per il mondo dell’editoria sarda, afflitta dalle pesanti ripercussioni di una devastante crisi economica: calo dei fatturati nell’ordine del 40percento, cassa integrazione dei lavoratori presenti in molte delle strutture operanti nell’Isola, riduzione delle collaborazioni e dell’indotto, non solo economico; un assottigliamento progressivo della rappresentatività aziendale delle singole imprese, che in questi ultimi anni si sono trovate a dover rivedere le proprie politiche produttive e di promozione in maniera autonoma e solitaria. Una situazione in negativo con cui dover costantemente fare i conti, spesso anche molto coraggiosamente, grazie all’ostinata tentazione di voler fare cultura e dare un senso alla missione aziendale insita nell’operare delle aziende editrici sarde, che hanno scelto di fare della difesa della identità e della stretta autenticità dell’Isola, la propria bandiera. Ciò nonostante, la salvaguardia della bibliodiversità, del pluralismo e anche dell’affermarsi graduale di una giusta interdipendenza con le nuove tecnologie informatiche (che rischiano tra l’altro di avere un peso determinante in una regione che sarà prima o poi interessata dalla trasformazione, più volte annunciata ed ancora non attuata, del percorso didattico delle scuole in chiave digitale attraverso il bando “Semidas”), sembrano costituire in fondo un valore di mero richiamo accademico e politico. Di fatto, si è registrato negli ultimi anni un complessivo e progressivo disinteresse, da parte della classe politica locale, verso un settore strategico, per rilevanza e numeri, qual è quello dell’editoria. Ne è una prova l’esiguità delle poche risorse disponibili in seno alla voce apposita del Bilancio regionale, segnale, anche questo, di un atteggiamento di deresponsabilizzazione della politica, con la sola simbolica attribuzione di 100mila euro (sino a settembre erano 150mila), presenti nel capitolo di spesa riservato all’editoria libraria in riferimento all’art.4 della legge 22. «Si tratta di una cifra irrisoria se raffrontata ad altre rilevanti attribuzioni di altri settori, che hanno invece resistito ai tagli e alla cancellazione, e che suona come uno schiaffo per le 35 aziende isolane che hanno partecipato, in coerenza con i criteri del bando», sottolineano dall’Associazione editori sardi.

Uno svilimento per gli autori promossi dagli editori, un’azione di ulteriore screditamento per il lavoro di un intero comparto, fatto di tante professionalità e solo per questo meritevole del dovuto rispetto. Frutto di un processo che ha portato nel tempo ad annullare la partecipazione istituzionale della Regione Sardegna a tutte le più importanti fiere, nazionali e internazionali, del settore, e a non assecondare, tra le altre, le richieste avanzate da parte dell’Aes, di applicazione di articoli della legge 22 riguardanti ambiti innovativi. Tutte decisioni, quelle dell’Assessorato alla Cultura, che sono in stridente contraddizione con le dichiarazioni pubbliche rilasciate dai politici, che persino in occasione della Mostra del libro avevano manifestato coralmente il proprio plauso evidenziando l’importanza dell’editoria sarda. La risposta indiretta è che a partire dal 2014 anche la Mostra del libro non si farà, a considerare le voci del bilancio previsionale di spesa. A questo punto viene amaramente da chiedersi se la Regione, che ha contribuito allo sviluppo dell’editoria sarda, voglia ora essere decisiva per la sua disgregazione, non riconoscendo il valore del suo comparto e dandosi la facoltà di deciderne o assecondarne nell’indifferenza il suo destino, salvo ripensamenti dell’ultima ora».
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