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A.B. 10 giugno 2014
Maristella invasa dai cinghiali: appello a Bruno
La presidente pro tempore Patrizia Piras, a nome del Comitato di Borgata, da voce alle legittime proteste degli abitanti delle borgate, «stanchi ed esasperati dalle continue devastazioni ad opera dei cinghiali»
Maristella invasa dai cinghiali: appello a Bruno

ALGHERO - La presidente pro tempore Patrizia Piras, a nome del Comitato di Borgata di Maristella, ha inviato una segnalazione al presidente della Regione Autonoma della Sardegna Francesco Pigliaru e del nuovo sindaco di Alghero Mario Bruno, per dare voce «alle legittime proteste degli abitanti di Maristella e delle borgate della Bonifica, stanchi ed esasperati dalle continue devastazioni ad opera dei cinghiali». Come viene spiegato nel documento, le borgate della Bonifica e le zone appoderate, sebbene non facciano parte del perimetro del Parco di Porto Conte, sono di fatto circondate e confinanti con lo stesso e quindi la numerosa fauna selvatica, spinta da fame e sete, si riversa quotidianamente in modo massiccio nelle borgate, nei poderi coltivati, nelle strade interpoderali e statali, causando numerosi incidenti, anche gravi (nelle borgate sono rare le famiglie che con abbiano avuto incidenti con auto o moto), con danni rilevanti.

«Negli ultimi anni si è praticato l’abbattimento controllato degli ungulati – viene spiegato - a cura dei cacciatori coadiutori formati dal Parco di Porto Conte e con la vigilanza della Guardia Forestale, tale iniziativa che si svolge in brevi periodi dell’anno, limita in parte e momentaneamente i disagi, ma alle luce dei fatti non è sufficiente ad eliminare il disastro che la fauna selvatica opera a danno degli agricoltori e di chi si trova quotidianamente a transitare nelle strade della zona». Secondo il Comitato, la segnaletica ed i dissuasori sulla Statale 127 bis sono serviti soltanto a scaricare la responsabilità sugli automobilisti, mentre i cinghiali continuano ad essere causa di incidenti, attraversano la carreggiata a branchi, scavano anche il ciglio della strada e rimanendo, in sostanza, continua fonte di pericolo. La presidente Piras ricorda come il tasso di riproduzione annuo del cinghiale vari dal 120 al 200percento (salvo raggiungere, in alcuni casi favorevoli, anche il 300percento) e quindi, in assenza di un prelievo venatorio continuativo e più drastico «non si riesce a raggiungere obiettivi tali da eliminare i danni a produzioni, persone e cose».

Per il Comitato, il fenomeno ha raggiunto rilevanza anche in termini sanitari, visto che le corti economiche, le aie delle case di abitazione, «sono ormai trasformate in porcilaie permanenti a cielo aperto, dove gli odori e i parassiti la fanno da padroni. Di fatto l’infelice scelta, di voler popolare con cinghiali di razza maremmana e daini il nostro territorio, operata, anni a dietro, da alcuni “lungimiranti” tecnici o esperti dell’ambiente, oggi ricade in tutta la sua drammaticità a completo carico degli operatori agricoli, degli abitanti delle borgate e dell’ambiente stesso nel momento in cui le specie di fauna tipica del luogo hanno avuto la peggio a vantaggio degli ungulati infatti sono quasi scomparsi lepri, conigli selvatici, quaglie, lumache e quant’altro tipico dei nostri luoghi. Fatto di non secondaria importanza è che nelle zone appoderate, nelle corti coloniche e nelle coltivazioni in genere i danni riportati raramente vengono risarciti».

Sino a pochi anni fa, spiega la rappresentante del Comitato, veniva risarcito il 10percento dei danni stimati, ma, attualmente «la burocrazia ha fatto desistere il coltivatore dal presentare le richieste in quanto le spese spesso risultano di fatto superiori al risarcimento stesso. Quindi, ai danni creati dalla fauna selvatica, si aggiunge la beffa degli indennizzi irrisori». Il Comitato di Borgata si auspica che, a breve, la nuova Amministrazione Comunale chiamata a governare anche nell’assemblea del Parco, intraprenda azioni urgenti ed idonee a salvaguardare le produzioni agricole e l’incolumità delle persone. «Siamo stanchi di sentire i media che costantemente, mettono in risalto le iniziative e i molteplici vantaggi che il Parco offre alle comunità e alle attività agricole confinanti (marchio del Parco ecc.). Lungi da noi il pensiero di mettere in dubbio le potenzialità positive che esso può offrire, ma per il momento nelle nostre zone dal Parco si sono avuti solo svantaggi e danni sempre più ingenti».

«E’ ora di dire basta alle teorie astratte – conclude Patrizia Piras - mettiamoci per un attimo nei panni di chi coltiva, di chi dovrebbe produrre quel prodotto da etichettare con il marchio del Parco, e si ritrova con l’intero vigneto devastato, situazione che manda in fumo un intero anno di lavoro con gravi ripercussioni sul bilancio familiare. Chi di dovere ha l’obbligo di attivarsi prontamente per dare risposte e soluzioni certe e immediate».



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