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Red 5 maggio 2009
“Luci d’Inverno”, film al Quarté Sayàl
Luci d’inverno è la terza collaborazione della Cineteca di Bologna con la società Umanitaria di Alghero, dopo “Mexico en Cine” del 2007 e “Argentina Rodante” del 2008. Tutte le proiezioni al Quarté Sayàl di Alghero
“Luci d’Inverno”, film al Quarté Sayàl

ALGHERO - Si intitola “Luci d’Inverno” la breve rassegna sul cinema scandinavo d’oggi che approda ad Alghero il 7 e l’8 maggio, grazie alla collaborazione della Cineteca di Bologna con la Società Umanitaria di Alghero. Il cinema scandinavo è una realtà in rapido consolidamento. Dopo i successi internazionali di Lars Von Trier e del movimento “Dogma” , si manifesta una nuova leva di registi che guarda alla realtà del proprio paese con forte spirito critico e grande intelligenza cinematografica. E il successo non manca, sia di pubblico che di critica.

La tappa algherese di “Luci d’Inverno” propone quattro film in due giorni. Giovedì 7 maggio alle 19.00 è in programma YOU, THE LIVING del regista svedese Roy Andersson, candidato all’Oscar come miglior film straniero nel 2007. E’ un’opera che ha il sapore del teatro e del burlesque, in cui si alternano scene reali e sequenze oniriche, un film spontaneo e innovativo, la cui trama si dipana lentamente in un’atmosfera di leggerezza cupa.

La seconda pellicola della prima giornata, la cui proiezione è prevista per le 21.30, è OPEN HEARTS della regista danese Susanne Bier. Il film, pur seguendo alla lettera il manifesto del “Dogma”, riesce a trasmettere un calore insolito negli epigoni di Lars Von Trier: in una intricata vicenda di sensi di colpa, domande senza risposta e rimpianti del passato, la tensione narrativa è ben servita dalla “forma” e non viceversa. Due i film in programmazione anche l’8 maggio, con inizio alle stesse ore 19.00 e 21.30.

Il primo, FALKENBERG FAREWELL di Jesper Gaslandt ha al centro cinque ragazzi amici d’infanzia che si ritrovano a Falkenberg. E’ un film in grado di far partecipare a pieno lo spettatore con una naturalezza originale e nuova, proprio per il suo stare tra realtà e finzione, e in profondità, grazie alla poesia della voce narrante che interviene fuori campo a dare un’ulteriore impronta contemporaneamente esterna e interna, ma comunque soggettiva.

Nel secondo, SONGS FROM THE SECOND FLOOR, ancora di Roy Andersson, una plumbea città svedese, paralizzata dal traffico e da un interminabile corteo di flagellanti, affoga nella follia dei suoi abitanti mentre un poeta ne osserva il declino tra le lacrime bloccato nel letto di un ospedale psichiatrico. Il film è un raffinato esercizio estetico e stilistico (con richiami alla pittura di Otto Dix soprattutto), radicale nel suo impianto di regia.



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