Dopo la vittoria a Porto Torres la settimana scorsa, il numero uno del seeding algherese vuole vincere ancora
ALGHERO – Il favorito per la vittoria finale del
Future di Alghero è Massimo Dell’Acqua, testa di serie numero uno del torneo e fresco vincitore del 15.000 dollari di Porto Torres. Il ventinovenne com’asco (li ha compiuti il 6 settembre scorso), ma residente a Rovellasca, è attualmente il numero 348 della classifica Atp, ma nel 2003 ha raggiunto la 148esima piazza mondiale. E’ stato campione d’Italia nel 2004, vincendo gli Assoluti ad Arezzo, ha vinto il Challenger di Bristol (2003), quattro Futures, due Master Satellite e tre Satelliti. Sua anche la classifica finale del Circuito Svizzero del 2002. In doppio, nel 2004, è arrivato alla 188esima posizione mondiale, quando vinse il Challenger di Recanati. Nella specialità ha vinto anche il Future di Viterbo, nel 2000, e quattro tornei Satellite.
Nel campionato italiano di Serie A a squadre, ha disputato una volta la finale e tre volte le semifinali.
Massimo, ormai sei un habituée dei tornei sardi.«Si, ci ho giocato spesso. Ho raggiunto la finale a Selargius (1999, ndr) ed Oristano (2000 e 2002, ndr). Poi sono tornato due anni fa a Porto Torres e sono arrivato in finale. L’anno scorso ho vinto. Quest’anno sono tornato ed ho vinto ancora. Poi la Sardegna a settembre è bellissima».
Farai tutta il “tour sardo”?
«No. Ho confermato il risultato dello scorso anno a Porto Torres. Dopo Alghero un po’ di stop mi serve. Poi, giocherò il campionato di Serie A a squadre con il Geovillage Olbia».
Quando ti guardi indietro hai rimpianti per la tua carriera. C’è qualcosa che hai fatto e non faresti più?
«Certo, avrei potuto fare di più. Il fisico c’è, ma ho fatto delle scelte sbagliate che mi hanno portato conseguenze negative».
Una cosa che invece, a pensarci oggi, avresti fatto?
«A vent’anni sarei andato in America. Là avrei potuto fare un programma più incentrato sui tornei che si disputano sui campi rapidi. Invece, sono rimasto in Italia, a giocare sulla terra battuta, ad affossarmi in campi che non sono i miei».
Tu sei stato nei primi 150 giocatori del mondo e nei primi 5 d’Italia. Un pensierino alla Davis l’avevi fatto?
«Si. Contro lo Zimbabwe avrei potuto essere convocato. Ero numero cinque-sei d’Italia ed alcuni rinunciarono alla convocazione. Pensavo di essere nel gruppo, magari non di giocare, ma di essere lì. Si giocava in altura, sul veloce, tutte cose che mi si addicevano. Mi sarebbe piaciuto vivere quell’atmosfera».
Un tennista che si avvicina a certi livelli e poi si trova a giocare i “10.000 dollari”, trova le giuste motivazioni?
«Non è semplice. Vedi che puoi giocare a livelli buoni e poi invece trovi difficoltà. E’ dura poi mettersi a giocare in tornei minori, con motivazioni inferiori».
Quali sono i tuoi programmi agonistici?
«Cerco di vivere molto alla giornata. A ventinove anni non hai più le prospettive di quando ne hai venti. Ora, vorrei iniziare l’anno riuscendo a giocare le qualificazioni degli Australian Open, poi vediamo cosa succede».
Alla fine della carriera, ti piacerebbe rimanere nel mondo del tennis come coach?
«Vediamo quello che succederà. Mi piacerebbe rimanere nell’ambiente per fare qualcosa di positivo. Un ambiente in cui ho vissuto intensamente per tanti anni.».
Gli ex giocatori diventati coach, in questo momento, non sono molti.
«Gli ex giocatori non sono incentivati. Un giocatore potrebbe essere avvantaggiato se qualcuno lo aiutasse a proseguire nella giusta direzione».
Nella foto: Massimo Dell’Acqua