Sempre nell´ambito della stessa inchiesta beni per oltre due milioni e mezzo di euro, costituiti da fabbricati, terreni, aziende, conti correnti, titoli azionari e quote societarie, sono stati sequestrati dalla Guardia di finanza di Cagliari a Gigino Milia e all’avvocato Corrado Altea di Cagliari
CAGLIARI - E' stata depositata la richiesta del pm al giudizio immediato per i 26 imputati della "
banda Mesina". Sempre nell'ambito della stessa inchiesta beni per oltre due milioni e mezzo di euro, costituiti da fabbricati, terreni, aziende, conti correnti, titoli azionari e quote societarie, sono stati sequestrati dalla Guardia di finanza di Cagliari a Gigino Milia di Fluminimaggiore e all’avvocato Corrado Altea di Cagliari. Il provvedimento è frutto di complesse investigazioni economico-patrimoniali, delegate dalla direzione distrettuale antimafia di Cagliari e svolte dai finanzieri del Gico del locale nucleo di Polizia tributaria nei confronti dell’organizzazione di narcotrafficanti capeggiata dall'ex primula rossa e Milia, arrestati, insieme a numerose altre persone, nello scorso mese di giugno.
Le indagini delle fiamme gialle hanno consentito, in particolare, di ricostruire la scalata criminale proprio di Milia che, a partire dagli anni ’70 e fino ad oggi, ha reinvestito – con la complicità di altre persone, tra le quali la moglie Annarella Lampis - anche lei indagata nell’ambito della stessa inchiesta – ingenti somme di denaro di provenienza illecita in svariate attività commerciali e immobiliari. Il marito, sfruttando l’uso di scritture private e procure speciali irrevocabili, nel corso degli anni ha acquistato e rivenduto case, terreni, esercizi commerciali, intestandoli a propri prestanome per eludere le misure di prevenzione patrimoniale. Alcuni immobili, peraltro, sono stati utilizzati per saldare debiti relativi a forniture di droga.
Dagli accertamenti è emerso infatti che il legale, avendo maturato un grosso debito verso l'assistito, per la fornitura di partite di stupefacenti, ha saldato il complice cedendogli due fabbricati (un negozio e un’abitazione ubicati ad Arbus), che poi quest’ultimo ha rivenduto con la connivenza della moglie, nel frattempo divenutane proprietaria. Inoltre, gli stessi coniugi, con la complicità del professionista e di altre persone, hanno cambiato in euro, tramite sistema bancario, mezzo miliardo di vecchie lire, somma costituita vieppiù da banconote in tagli da 50.000, 100.000 e 500.000 emesse tra il 1983 ed il 1997. Lo stesso Altea è risultato aver riciclato, attraverso personali operazioni di cambio, oltre 250 milioni di vecchie lire incorrendo, insieme a Milia e Lampis, anche nel reato di riciclaggio aggravato, per aver commesso i fatti nell’esercizio della propria professione di avvocato. Per questo nei suoi confronti è stato eseguito il sequestro di azioni e quote societarie per un valore di 130 mila euro.